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Il telecinema

Fare telecinema di film 8 mm e super 8

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interpolazione

Come convertire il numero di fotogrammi al secondo con Adobe After Effects

I fotogrammi al secondo (fps) sono un susseguirsi di immagini che, per un difetto della nostra retina, ci fa credere che i filmati siano delle immagini fluide. Lo standard televisivo italiano prevede che questi fotogrammi siano 25 al secondo, ma ci sono molte eccezioni.

I fotogrammi al secondo (fps): cosa sono

Se avete un Iphone, quando registrate un video lo fate usando lo standard televisivo americano, ovvero 29,97 fotogrammi al secondo. Se state guardando un blue ray in un televisore recente, lo state guardando a 24 fotogrammi al secondo, ovvero con lo stesso standard con cui vengono tutt’ora girati i film. Se state giocando ad una console per videogiochi e avete un televisore di ultima generazione è probabile che le immagine che vedete siano 50 al secondo.

Se invece trovate in soffitta dei vecchi film di famiglia, per capirci, questi:

Gruppo di pellicole 8 mm

e avete la possibilità di procurarvi un proiettore, per gustarveli alla velocità con cui sono stati girati dovreste impostare l’apparecchio a:

  • 16 fotogrammi al secondo, nel caso di trattasse di film 8 mm;
  • 18 fotogrammi al secondo, nel caso di trattasse di film super 8.

I proiettori, però, sono fuori produzione da più di 30 anni e, oltre a questo, sono anche esageratamente scomodi da usare per chi è abitato alla tecnologia moderna.

La cosa più facile da fare è quindi digitalizzare le pellicole, ma per farlo nel modo corretto bisogna trasformare i 16 o 18 fotogrammi al secondo in 25, e farlo bene. Tanti software ci riescono ma, secondo il mio modesto parere, il migliore programma che potete usare è di gran lunga Adobe After Effects che si può acquistare (o provare gratuitamente) in questa pagina.

Come convertire i fotogrammi al secondo con Adobe After Effects: il tutorial

Fare la conversione dei fotogrammi al secondo è estremamente semplice se si usa After Effects, a differenza di quanto succede con altre operazioni che con quello stesso software si possono fare e che permettono di ottenere livelli di qualità molto vicini ai film di Hollywood, ma non sono alla portata tecnica dei non professionisti o, quanto meno, di chi non è esageratamente appassionato della materia software/elaborazione video.

Il tutorial

Lanciate Adobe After Effects. Vi appare la schermata di avvio:

Schermata di Adobe After Effects

Per importare il vostro film super digitalizzato alla velocità con cui è stato girato, ovvero 18 fps, fate:

Schermata di Adobe After Effects

File/Import/File (scusatemi, ma io ho impostato il programma con i comandi in lingua Inglese).

Vi trovate il video importato in alto a sinistra nella finestra Project. Nella stessa sono riportate le caratteristiche tecniche del filmato:

Schermata di Adobe After Effects

ovvero:

  1. risoluzione 976×720
  2. durata 16:13
  3. 18,00 fps

Trascinate il video, sempre all’interno della finestra Project, sul simbolo del fotogramma che trovate in basso a sinistra, ovvero il terzo della riga:

Schermata di Adobe After Effects

e rilasciate il tasto sinistro del mouse.

In tal modo ottenete una sequenza con le stesse caratteristiche di

  1. risoluzione,
  2. durata,
  3.  fps

del video che avete importato:

Schermata di Adobe After Effects

Non vi resta altro che modificare tali valori secondo quanto abbiamo detto. Per farlo, cliccate nella finestra Project con il tasto destro sopra la sequenza appena creata e selezionate:

Schermata di Adobe After Effects

  • Composition Settings.

Vi si apre questa finestra:

Schermata di Adobe After Effects

all’interno della quale dovete modificare il Frame Rate, portandolo da 18 a 25.

Io ne approfitto anche per aggiungere, nella stessa finestra, le bande nere verticali al video, portando la risoluzione a 1280×720, perché la risoluzione di acquisizione è un fuori standard nel mondo del video, e mantenere il file così può causare dei problemi di compatibilità con i software.

Ne ottengo quindi questi valori:

Schermata di Adobe After Effects

Premo:

  • OK

per confermare.

I metodi per convertire i fotogrammi al secondo

Ci sono sostanzialmente 3 metodi per cambiare il numero di fotogrammi al secondo.

Quello primordiale è velocizzare o rallentare il video. Mi spiego: se un film girato a 16 fotogrammi al secondo viene riprodotto a 25 senza conversioni, questo appare velocizzato, perché si comprime in un secondo quello che quando si è girato è successo in un secondo è mezzo. E’ un po’ l’effetto dei film muti all’alba del cinema: esteticamente non è accettabile se non volete far ridere.

Il secondo metodo è quello utilizzato di norma da tutti i programmi di montaggio e prevede la ripetizione di alcuni fotogrammi all’interno della sequenza. Sostanzialmente, se si volesse trasformare un film 8 mm in blue ray, convertendo quindi i 16 fotogrammi al secondo originari in 24, bisognerebbe ripetere un fotogramma dopo averne riprodotti 3. Il video sarebbe fatto così: fotogramma 1, fotogramma 2, fotogramma 3, fotogramma 3, fotogramma 4, fotogramma 5, fotogramma 6, fotogramma 6 e fotogramma 7 e via dicendo. La controindicazione è che si perde di fluidità e il video appare scattoso.

Il terzo metodo è quello a mio avviso migliore, ed appartiene all’epoca moderna, da quando si è iniziato a trattare i video con i computer. Nel caso si trasformino sempre i 16 fotogrammi al secondo in 24, gli 8 fotogrammi mancanti al secondo non sono delle ripetizioni dei fotogrammi esistenti, ma vengono creati da zero dal computer che, calcolando il movimento di tutti soggetti inquadrati, riesce a ricreare la scena. Questo metodo si chiama interpolazione o ricampionamento.

Non mi dilungo sulla questione, perché l’approfondisco con esempi concreti in quest’altra pagina.

Interpolare i fotogrammi con Adobe After Effects

In quest’ultima parte del tutorial vi farò vedere, a prosecuzione di quanto già spiegato, come interpolare i fotogrammi che mancano dal vostro video originario (in questo caso, trasformandoli da 18 a 25).

Nella finestra timeline c’è come unico elemento: il video che ho importato all’inizio.

Schermata di Adobe After Effects

Essendoci una differenza  tra i fotogrammi originari (18) e quelli che ho impostato nella finestra precedente (25), devo dire al programma come calcolare i 7 mancanti.

Per dirgli con l’interpolazione devo cliccare il quadrattino che c’è a destra del nome del file e che vedete nell’immagine qui sotto, fino a far apparire la freccia:

Schermata di Adobe After Effects

Fatto questo, si può esportare il video con 25 fotogrammi al secondo tutti diversi tra di loro.

Daniele Carrer

Restaurare film 8 mm: le impostazioni per correggere i segni del tempo

La professionalità con cui si restaurano i film 8 mm e super 8 fa la differenza tra il:

  • buttare i propri ricordi,
  • conservare (e tramandare) qualcosa che, se andasse persa, non sarebbe mai più recuperabile.

Ecco perché tra i laboratori che effettuano la digitalizzazione delle pellicole esistono:

  • servizi che lavorano a prezzi di saldo, in cui il presunto restauro si limita a riprendere con lo smartphone il quadro sul muro illuminato dal proiettore (procedura che oltre a ottenere una qualità d’immagine scarsa rischia anche di rovinare irrimediabilmente il supporto).
  • servizi professionali, portati avanti da persone che sanno quello che fanno e che hanno a cuore l’importanza della storia immortalata nelle pellicole 8 mm.

Questo è uno dei tanti lavori che ho effettuato e che è stato girato nel 1958 (pubblicato in questo sito con l’autorizzazione del legittimo proprietario).

Giudicate voi a quale delle due categorie appartiene il mio laboratorio.

Consigli approfonditi per il restauro (solo per gente molto appassionata)

Non tutti hanno:

  • voglia,
  • tempo

di imparare a restaurare i film 8 mm e super 8. Guardando al mio laboratorio, avendo uno scanner di acquisizione molto costoso, se qualcuno volesse ottenere la stessa qualità di restauro, dovrebbe anche investire migliaia di euro per comprare le apparecchiature.

Premesso questo però, per chi volesse procedere con le proprie forze, mi permetto di condividere dei consigli sulle diverse fasi della lavorazione che trasformano una pellicola analogica segnata dal tempo in un file digitale restaurato.

L’esposizione

Per quanto riguarda l’esposizione delle singoli immagini è prassi acquisire i film sottoesponendoli leggermente, perché la quantità di bit colore dei file jpg che elabora uno scanner professionale è molto alta, quindi, in fase di montaggio, la luminosità si può aumentare senza ripercussioni sulla qualità del video finale (se il film è in buono stato di conservazione ed è stato girato con una tecnica accettabile).

Adottando questa soluzione, l’ideale è intervenire poi sul filmato restaurato con un qualsiasi software di editing (DaVinci Studio, Final Cut, Adobe Premiere,), aumentando la luminosità, perché la procedura corretta che anch’io uso per i video della mia collezione (pubblicata su footageforpro.com) con la quale ho fornito produzioni andate in onda sulla BBC, su Netflix e su Prime Video, è ottenere prima un’immagine un po’ scura, per poi correggere durante il montaggio.

Si procede in questo modo perché se lo scanner fosse impostato con l’esposizione automatica, al cambio di scena si verificherebbe un fastidioso effetto di sovraesposizione (fino allo stabilizzarsi del sensore).

Se invece lo scanner fosse impostato in manuale, ma con un’esposizione maggiore, le immagini che in ripresa sono state, anche solo leggermente sovraesposte, cosa che accadeva frequentemente con i film 8 mm e super 8, a differenza di quelle sottoesposte sarebbero molto meno recuperabili durante il restauro.

I software per restaurare i film (consigli pratici per veri appassionati)

Il mio restauro dei film 8 mm e super 8 si svolge in questo modo.

  1. Acquisisco la pellicola fotogramma per fotogramma con il mio scanner (il FilmFabriek HDS+).
  2. Con il programma DaVinci Studio correggo i colori, la luminosità, la grana e altre imperfezioni che sono presenti.

DaVinci Studio è un programma professionale e richiede molta esperienza per produrre buoni risultati. Dopo aver lavorato a migliaia di film, sia del mio archivio personale (lo potete vedere nel mio Canale YouTube), sia delle centinaia di clienti che si sono rivolti a me, oggi sono perfettamente in grado di togliere la gran parte dei segni del tempo che si accumulano su pellicole che, magari, hanno 50/60 anni, o anche più:

  • togliendo i puntini neri e i graffi (grazie al plug in Neat Video)
  • modificando livelli, luminosità, contrasto, saturazione e tutti i valori dell’immagine che il tempo ha fatto deteriorare.

Ci sono delle alternative a DaVinci Studio. Alcune efficaci ma ancora più complicate, come VirtualDubMod, un software Open Source che richiede una certa esperienza di programmazione per essere utilizzato e non ha un servizio di assistenza. Altre più semplici, ma non altrettanto precise, visto che ogni programma di montaggio, anche amatoriale (Pinnacle Studio, Movie Maker, Moravi Video Editor), ha funzioni di correzione basilari.

Una volta deciso il software, la vera sfida è impostarlo nel miglior modo possibile. Ciò richiede tanto studio e tanta passione, se si vogliono ottenere buoni risultati.

Il peso dei file che si esportano

La dimensione dei file video che si ottengono dal restauro, dipende da:

  • formato
  • risoluzione
  • codec

che si impostano in fase di esportazione.

Se, per esempio, si vuole il Full HD, 1920×1080, per apprezzarlo non ci si deve limitare ad esportare a quella risoluzione, ma bisogna lavorare in tutte le fasi precedenti con la stessa, e bisogna farlo con cognizione di causa. Non serve, infatti, essere perfezionisti quando il perfezionismo è inutile. Per esempio, la sequenza di fotogrammi che crea il mio scanner può essere indifferentemente:

  • jpg (compressa)
  • tiff (non compressa)

ma, da diverse prove che ho effettuato, posso dire che la differenza di qualità, di fatto, non è visibile. Quindi attenzione.

Le fasi del restauro

Dopo aver acquisito, importo le sequenze di fotogrammi in DaVinci Studio e le divido nelle diverse inquadrature. Su queste applico una prima correzione generica e poi passo gli spezzoni uno ad uno impostando, eventualmente, delle correzioni su misura. Una volta terminato il restauro, esporto il filmato in:

  • un formato
  • una compressione (codec)

compatibile con tutti i computer e tutti i televisori, ovvero:

  • .mov,
  • codec H.264

Lo stesso filmato può essere anche importato da chi lo riceve in un software di montaggio, così da inserire musiche, titoli ed eventualmente togliere gli spezzoni indesiderati.

I file .mov, codec H.264 possono avere diversi livelli di compressione che determinano la loro dimensione finale. In linea di massima, un filmato di mezz’ora pesa circa 2 Gb, e un filmato di 3/4 minuti, che corrisponde alle bobine da 7,5 cm di diametro, pesa circa 300 Mb.

Una Laurea di fine anni ’60

Qui sotto potete vedere un film girato nel 1968 nel formato 8 mm (quello di qualità minore rispetto al super 8).

Mostra le immagini di una cerimonia di Laurea. Il video è indicativo della qualità media che si può ottenere digitalizzando professionalmente i filmati amatoriali d’epoca, visto che non è impeccabile dal punto di vista della tecnica di ripresa ed è girato in parte in un interno dove, essendoci poca luce, a causa della scarsa sensibilità delle pellicole del tempo l’immagine tende a sgranare.

In fase di restauro, se però si sa come intervenire e si ha un’ottima attrezzatura, si possono ugualmente ottenere questi risultati (se non fosse per l’eleganza dell’epoca sembrerebbe registrato ieri):

Per giungere a una qualità del genere non esistono formule miracolose, c’è solo:

  1. lo studio della tecnica
  2. decine di migliaia di euro di investimenti
  3. tantissima passione

Come ogni filmato pubblicato in questo sito ho l’autorizzazione scritta datami da chi ha girato per pubblicare il video.

Gli scanner per pellicola 8 mm e super 8 economici

Gli scanner per film 8 mm e super 8 di buon livello partono tutti da almeno 10 mila euro. Quindi non ha nessun senso per una collezione che si acquisisce una volta per tutte in qualche giorno di lavoro, acquistarne uno.

Il modello più economico per ottenere buona qualità è il MovieStuff Retro Universal che trovate illustrato in questa pagina direttamente dal produttore.

Poi ci sono gli scanner ultra professionali come il mio, il FilmFabriek HDS+, o altri prodotti, come l’MWA Flashscan o il Blackmagic Cintel, che costano decine di migliaia di euro, ma li valgono tutti se si cerca la qualità.

Di tutt’altra categoria sono invece iprodotti molto economici, come il:

  • Reflecta Film Scanner Super 8 – Normal 8

che su Amazon costa intorno ai 400 euro e di cui esistono versioni identiche di altre marche (Film2Digital, Somikon…). O il:

  • Reflecta Super 8 Scanner

che si fa fatica a trovare ancora sul mercato, perché è un modello di qualche anno fa, e che costa intorno ai 1000 euro.

Ho feedback diretto solo sul secondo modello, perché ce l’ha un amico, e posso garantire che non ne vale la pena.

I fotogrammi al secondo: differenze tra ieri e oggi

Fatto salvo per i rarissimi film 8 mm e super 8 girati in cinemascope, la differenza estetica che subito salta agli occhi tra un film amatoriale dello scorso secolo e un video odierno è il formato dello schermo.

I film 8 mm e super 8 erano infatti in formato 4/3, mentre i moderni video delle videocamere e degli smartphone sono in formato 16/9. I primi quindi, su un moderno televisore, si vedono con le bande nere verticali.

Nonostante l’apparenza, però, c’è un’ulteriore differenza tra i filmati di ieri e quelli di oggi, ed è ben più complicata da adattare ai moderni televisori/smartphone/computer: il numero di fotogrammi al secondo, che una volta erano 16 (film 8 mm) o 18 (film super 8) e oggi sono 25.

In questa pagina spiego tutto in maniera approfondita, e in quest’altra, per chi ha voglia di applicarsi, spiego come ottenere i migliori risultati nella conversione usando Adobe After Effects.

Faccio notare che nessuno dei laboratori che effettua digitalizzazioni di pellicola nomina tale questione. Ciò è esemplificativo del loro livello di serietà.

Adattare il numero di fotogrammi al secondo con il blending

Adattare il numero di fotogrammi al secondo che:

  • nei film 8 mm erano 16
  • nei film super erano 18
  • oggi sono 25

è possibile in diversi modi. Quello più facile, ma il peggiore dal punto di vista qualitativo, è ripetere (circa) un fotogramma ogni tre. In tal modo si sacrifica la fluidità dei soggetti e il filmato appare scattoso.

I moderni software di restauro consentono di utilizzare un metodo più efficace, ma non privo di difetti, ovvero creare una dissolvenza incrociata tra fotogrammi adiacenti. Quest’ultima tecnica si chiama blending ed è quello usata di solito dai laboratori più seri, compreso il mio, perché è il compromesso migliore.

L’intelligenza artificiale e l’interpolazione

Da un po’ di anni a questa parte, però, la tecnologia ha inventato qualcosa di straordinario, ovvero una tecnica di restauro definita interpolazione (interpolation o sampling in inglese): ricreare i fotogrammi mancanti via software grazie all’intelligenza artificiale che li calcola.

Io ho usato questo sistema con le migliaia di bobine della mia collezione privata che pubblico sul mio canale YouTube e su un altro mio sito. Attraverso l’interpolazione si  trasformano i 18 o 16 fotogrammi al secondo in 25, creando 25 fotogrammi uno diverso dall’altro, senza quindi ripetere quelli esistenti.

Si tratta di una elaborazione molto dispendiosa a livello di tempo che richiede anche un intervento manuale di un’operatore esperto:

  1. quando il computer non è in grado di calcolare perfettamente i fotogrammi e quindi bisogna tagliare qualche scena (di solito l’1 o 2% del totale)
  2. ad ogni cambio di inquadratura, quando si crea un fotogramma che fonde l’ultimo della scena precedente con il primo della successiva.

Molto meglio delle mie parole la differenza tra blending e interpolazione la spiega questo video che ho restaurato personalmente:

Siamo a Catania nel 1966 a un torneo di tennis al quale partecipa, tra gli altri, Nicola Pietrangeli. Il filmato è stato girato in 8 mm da Corrado Randone che mi ha autorizzato a distribuire la sua splendida collezione di pellicole che raccontano la Sicilia degli anni ’60.

Nel video qui sopra si apprezzano le differenze tra i due diversi metodi di restauro, con questa scaletta:

  • da 0 a 1’45”: il filmato restaurato con la tecnica dell’interpolazione
  • da 1’46” a 3’32”: il filmato restaurato con la tecnica del blending
  • da 3’33 a 5’18”: due finestre che mostrano contemporaneamente il filmato restaurato con le due differenti tecniche
  • da 5’19” alla fine: i due filmati comparati a rallentatore

Oggettivamente il filmato interpolato è il migliore nel 99% del girato. Usare il blending per adattare il numero di fotogrammi al secondo significa avere un’immagine che presenta un’effetto sfuocato/mosso sui soggetti in movimento.

Quello che fa impressione è che l’intelligenza artificiale, che è il cervello alla base dei calcoli sull’interpolazione, ricrea dei fotogrammi perfettamente credibili con una precisione che, chi come me ha seguito le evoluzioni di tale tecnica lo sa, anche solo un paio d’anni fa era impensabile.

Questo grazie:

  • al software Davinci Studio
  • alla funzione Optical Flow – Speed Warp

e a un’operatore che ha studiato il metodo e ha decine di ore di pratica.

Artefatti dovuti all'interpolazione dei fotogrammi in un film 8 mm

L’unica controindicazione, a parte i tempi di rendering e l’esperienza necessaria per ottenere il miglior risultato possibile, è, appunto, che in una piccola quantità di girato si creano degli artefatti che rovinano la scena, come quando a 28 secondi si vede il giocatore di tennis passare dietro alla sedia dell’arbitro.

Una qualità così scadente, seppur in un frangente temporale così limitato, a mio avviso non è accettabile e da operatore software non posso prendermi la responsabilità di decidere per un taglio, perché il filmato non è mio. Ecco perché continuo a restaurare i film di chi si affida al mio laboratorio usando il blending.

Conclusioni

Non esiste tecnologia attuale e futura in grado di ricreare un film amatoriale su pellicola una volta che questo è stato buttato, e nemmeno di recuperare la qualità di un film che è stato acquisito con metodi poco professionali.

In tanti anni di lavoro mi è capitato tante volte di parlare con clienti a cui avevo restaurato alcuni loro film e che dopo aver visto il risultato da me ottenuto mi avevano chiesto di intervenire anche su pellicole che avevano buttato e di cui conservavano solo il file digitale precedentemente digitalizzato da laboratori poco seri. La delusione che ricevono quando scoprono che non si può fare più nulla è la più grande pubblicità che posso fare al mio laboratorio.

Se la pellicola è stata cestinata, non esiste (e non esisterà mai) una tecnologia in grado di recuperare un acquisizione fatta male.

Fino a 20 anni fa, meno di una famiglia su 100 aveva una cinepresa in casa. Chi ha avuto la fortuna di essere stato ripreso in un’epoca in cui i film amatoriali erano per pochi dovrebbe pensarci due volte prima di affidare i propri ricordi a servizi di digitalizzazione non all’altezza della situazione.

Daniele Carrer

Daniele Carrer di fronte al suo scanner per il telecinema e al computer durante la fase di restauro dei film

Chiunque sia interessato a digitalizzare i suoi film 8 mm e super 8, muti o sonori, con il mio telecinema può contattarmi usando il modulo qui sotto:

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    Filmati su pellicola 8 mm e super 8: differenze con i video moderni.

    La pellicola super 8 e la pellicola 8 mm presentano delle differenze estetiche rispetto ai moderni video. Contrariamente a quello che si può pensare, non è tanto una questione di qualità, perché i film amatoriali registrati su pellicola, sia essa:

    • 8 mm
    • super 8
    • 16 mm

    se digitalizzati con un telecinema professionale, sia a livello di acquisizione che di restauro, possono esprimere una qualità molto vicina all’alta definizione (forse nel caso del 16 mm anche superiore).

    Come spiego in questo video:

    Il rapporto di forma

    Il 99% delle pellicole super 8 e 8 mm è girato nel formato 4/3. Per capirci: lo stesso che utilizzavano le TV fino a 10 anni fa.

    Ai lati dello schermo ci sono delle bande nere verticali. Ci sono diversi modi per adattare questo fromato ai moderni schermi, che hanno invece una forma più allungata (16/9). Quello che uso io preserva l’inquadratura originaria, quindi mantenendo le citate bande nere verticali (come nella foto qui sopra, che appartiene alla mia collezione).

    Altri servizi di telecinema, invece, ingrandiscono il quadro, tagliando la parte superiore e inferiore. Attenzione però che, se vi affidate a loro:

    • vedrete a pieno schermo;
    • ma rischiate di trovarvi con il classico effetto teste tagliate

    non perché l’autore della pellicola super 8 o 8 mm al tempo avesse sbagliato, ma semplicemente perché quel tipo di adattamento effettuato in fase di digitalizzazione è sbagliato.

    Il rapporto di forma corretto è quindi quello originale che si può vedere in questo filmato del 1969 che ho restaurato:

    I fotogrammi al secondo

    Oltre a questa differenza che è facilmente visibile, ce n’è una meno considerata, ma altrettanto importante da valutare per creare un filmato all’altezza della storia che in questo è immortalata:

    • le pellicole 8 mm venivano girate a 16 fotogrammi al secondo;
    • le pellicole super 8 venivano girate a 18 fotogrammi al secondo.

    Il sistema televisivo italiano ne prevede 25 e i player internet, Youtube in testa, non lavorano né a 16 né a 18 fotogrammi al secondo.

    Come adattare la pellicola super 8 ai moderni video

    Per trasformare i film storici amatoriali negli standard moderni ci sono anche in questo caso diversi sistemi. Il primo è velocizzare il girato originario, ottenendo però un risultato stile film di Charlie Chaplin che dà al video un effetto comico, e che quindi non è da considerare come valido.

    Il secondo prevede l’aggiunta dei fotogrammi che mancano per arrivare a 25 (9 al secondo nel caso delle pellicole 8 mm e 7 nel caso delle pellicole super 8), creando delle sequenze più o meno in questo modo:

    1. fotogramma originale 1
    2. fotogramma originale 2
    3. fotogramma originale 3
    4. dissolvenza incrociata tra fotogramma originale 3 e fotogramma originale 4
    5. fotogramma originale 4

    Questo metodo si chiama BLENDING, sacrifica un po’ la fluidità delle immagini, mantenendo però inalterata la velocità originaria. E’ il metodo con meno controindicazioni ed è quello che uso anche io nelle lavorazioni standard.

    Accanto a queste procedure, i software di restauro più recenti consentono anche l’adattamento attraverso l’INTERPOLAZIONE, che ricrea, partendo dai 16 o 18 fotogrammi al secondo, 25 nuovi fotogrammi a fluidità reale. Purtroppo, sei i soggetti ripresi sono persone, soprattutto per quanto riguarda i visi, questo modo di adattare può creare più danni che vantaggi, quindi ogni inquadratura andrebbe valutata manualmente, richiedendo giorni di lavorazione anche solo per venti minuti di filmato.

    Lo spiego bene in questo filmato, dove c’è una dimostrazione pratica di entrambi i metodi per convertire il numero di fotogrammi al secondo:

    Di conseguenza non eseguo questo tipo di adattamento nelle lavorazioni standard.

    Daniele Carrer

    Daniele Carrer di fronte al suo scanner per il telecinema e al computer durante la fase di restauro dei film

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