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Il telecinema

Fare telecinema di film 8 mm e super 8

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Utilità

E se dovessi trovare dei film 8 mm o super 8?

Con la mia Attività di digitalizzazione di film amatoriali, in parte per i clienti che si affidano a me e in parte per il mio archivio personale, ho salvato migliaia di pellicole 8 mm e super 8 dall’oblio. La media di chi si trova tra le mani quel genere di film, infatti, di solito opta per due decisioni:

  1. buttarle, vista la difficoltà di reperire un proiettore per guardarle
  2. metterle in uno scaffale in attesa di tempi indefiniti, che nella scala dell’oblio è una decisione poco migliore della prima (e non è detto che un giorno non si trasformi in questa).

Dall’orlo della discarica a Netflix

In tema di valorizzazione di film storici, il mio lavoro, per lo meno per quanto riguarda la collezione privata che ho acquistato pezzo per pezzo in giro per il mondo, non termina con la digitalizzazione e il restauro dei girati. I film esistono solo se qualcuno li può guardare. Se di questi esiste una copia ma non è consultabile, è come se non ci fossero.

Negli anni con il mio archivio ho fornito decine di documentari prodotti in giro per il mondo. Alcuni di questi sono fruibili nelle principali piattaforme di streaming al mondo, a cominciare da Netflix, come dimostra questo screenshot dei titoli di coda di un documentario del grande David Attenborough intitolato Superare i limiti: la scienza del nostro pianeta.

Le produzioni di David Attenborough, e tanto più quelle originali di Netflix, non badano a spese, quindi non si sono rivolti a me perché i video del mio archivio sono economici e di scarsa qualità, ma perché il livello della digitalizzazione e del restauro è all’altezza di uno dei migliori prodotti audiovisivi di questi anni.

Operazione Budapest – il documentario

Un’altro progetto a cui ho partecipato e al quale tengo particolarmente, perché è uno dei rari documentari italiani con i quali ho avuto il piacere di lavorare, lo trovate su Prime Video e si intitola “Operazione Budapest”.

In quel caso agli autori servivano immagini di Budapest girate nell’anno in cui si svolge la storia e io gli ho fornito queste, direttamente dal mio archivio:

 

Considerate che nel 1983 l’Ungheria era una dittatura e il turismo era minimo, quindi non è esattamente facile reperire immagini anche di una città importante come Budapest. Io ci sono riuscito grazie a un accordo che ho fatto con gli eredi di un regista amatoriale tedesco del quale ho acquisito la collezione, condividendo su questo sito e sul mio canale YouTube filmati che altrimenti sarebbero andati persi insieme alla storia che immortalano.

Potete verificare quanto ho detto controllando i titoli di coda dello stesso documentario dove, accanto a RAI Teche e ad altri fornitori, compare anche il nome del mio archivio (Footageforpro):

Titoli di coda del documentario Operazione Budapest

La mia collezione, creata con i filmati che ho acquistato in giro per il mondo accordandomi con i legittimi proprietari (quindi non di certo con ignari clienti che hanno acquistato il mio servizio di telecinema) è consultabile in questo sito.

Tutti i video che la compongono sono visibili liberamente sul mio canale YouTube e sono visti ogni mese da centinaia di migliaia di spettatori. Questo, lo sottolineo, nonostante si tratti di film storici in pellicola, quindi non esattamente focalizzati sui classici argomenti di cui parlano gli influencer che hanno successo su internet.

Grazie a questa popolarità, negli anni ho acquisito i diritti di numerose collezioni private, accordandomi a volte con i registi amatoriali che le hanno create o, più spesso, con i loro eredi. Così facendo, ho potuto dare la giusta ribalta a chi, in tempi in cui le cineprese non erano esattamente qualcosa che l’uomo medio utilizzava al pari della funzione video degli smartphone di oggi, con la sua arte e i suoi sacrifici ha ripreso il ‘900 da un’angolazione diversa da quella dei documentari istituzionali dell’epoca, spesso bellissimi ma che in tempi di forte censura non la raccontavano tutta.

I film orfani: senza autore, ma degni di essere visti

I film 8 mm si possono trovare in diversi modi. Quello che preferisco è accordarmi con i legittimi proprietari e avere la libertà di valorizzare i film, mettendoli su YouTube così da renderli fruibili da tutti, o dando la possibilità di riutilizzarli ai registi di documentari che sono molto più bravi di me a inserirli in una narrazione capace di dare un contesto storio alle immagini. Questo avviene, anche per la Legge normalmente non consente di diffondere opere senza una liberatoria scritta, almeno per i successivi 70 anni dalla morte dell’autore.

Esiste però un eccezione: i film orfani, ovvero quelli il cui autore non è noto e non è oggettivamente rintracciabile, quando questi riguardano un evento storico.

Non sono un Avvocato e quindi non mi addentro in discussioni giurisprudenziali, mi limito a dire che in qualsiasi ordinamento ci sono delle norme che tutelano due diritti che spesso sono in contrasto tra di loro:

  • il diritto dell’autore del filmato a diffondere l’opera solo con la sua autorizzazione
  • il diritto di cronaca, ovvero il rendere disponibili alla collettività le riprese (o le foto o, più in generale, le informazioni) che riguardano eventi pubblici

C’è un ulteriore Legge a tutela del diritto alla diffusione dei film orfani, e questa va anche oltre il fatto che si tratti di film il cui autore non è rintracciabile:

Secondo la Legge 22 aprile 1941 n. 633, le opere cinematografiche prive di carattere creativo divengono di pubblico dominio a partire dall’inizio dell’anno solare seguente al compimento del ventesimo anno dalla data di produzione.

A differenze delle opere dell’ingegno di carattere creativo che, come dicevo, lo diventano a 70 anni dalla morte dell’autore.

Di conseguenza se a un mercatino dell’antiquariato, nei meandri di una bancarella, trovo una bobina 8 mm che senza il mio intervento finirebbe la sua vita a fungere da fermaporta, o nella migliore delle ipotesi entrerebbe a far parte dell’archivio polveroso di un collezionista vecchia maniera che al massimo se la guarderebbe in solitaria per un paio di volte, io ho il diritto di diffonderla, e ho il dovere di:

  • digitalizzarla
  • restaurarla

nel migliore dei modi possibili, come il mio laboratorio è perfettamente in grado di fare, grazie allo scanner professionale che uso e alla mia esperienza con i programmi di restauro.

L’inaugurazione dello Stadio Olimpico nel 1953 e altri eventi sportivi degli anni ’50

Quello che oggi si chiama Stadio Olimpico, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è stato ultimato nel 1960 per le Olimpiadi di Roma, ma 7 anni prima, quando ancora si chiamava Stadio dei Centomila, perché centomila era il numero massimo di spettatori consentiti, considerato che c’erano anche i posti in piedi (oggi sono 30 mila in meno, ma tutti a sedere).

L’evento di inaugurazione fu, più precisamente, una partita della nazionale di calcio contro l’Ungheria. Per la cronaca finì 3-0 per gli ungheresi che, considerato che gli equilibri calcistici odierni sono molto lontano da quelli, fa strano sapere che lo stesso anno vinsero con un analogo scarto una storica sfida contro l’Inghilterra a Wembley, complice anche la presenza del miglior calciatore di quella generazione, ovvero Ferenc Puskás, che per altro all’Olimpico, quel giorno, segnò due gol.

Venendo al mio progetto, al di là che io non sappia chi sia l’autore del film che potete ammirare qui sotto e che con tutta la buona volontà del mondo non ho elementi per rintracciarlo, la Legge mi consente di diffondere quel film 8 mm inedito che ho restaurato e che è stato girato durante diversi eventi, uno dei quali risale proprio al 7 maggio 1953, ed è ambientato allo Stadio dei Centomila di Roma, proprio il giorno dell’inaugurazione (da 1:53 a 6:45):

Il mio lavoro di restauratore non si limita a ricavare il miglior video possibile perché, per completare il valore storica del video che diffondo, bisogna anche dargli:

  • un luogo
  • una data

visto che nelle bobine quasi mai ci sono quelle indicazioni.

A dire il vero, con tanti anni di esperienza alle spalle non mi è stato difficilissimo riuscirci.

Come dicevo nella bobina ci sono diversi eventi immortalati:

  1. un rally
  2. l’inaugurazione dello Stadio dei Centomila
  3. un’evento a un velodromo

Per quanto riguarda il rally, l’individuazione del luogo non è stata problematica, considerato che in carriera ho lavorato su migliaia di bobine. Si parte da due fotogrammi:

Cartello stradale a Radicofani, Val d'Orcia, 1953

La Rocca di Radicofani nel 1953

L’indicazione sul primo fotogramma:

  • il km 159 della Cassia

è già sufficiente a localizzare le riprese che, come visibile dal girato, si svolgono, per quanto riguarda il rally, sempre nello stesso luogo. A conferma incrociata che si tratta di Radicofani, c’è poi il secondo fotogramma che riporto, ovvero la Rocca . Grazie a ricerche piuttosto generiche su Google, del tipo:

  • castello Cassia toscana

appaiono una serie di immagini, tra cui quella qui sotto, in fondo a destra). Cliccandoci sopra, magari non al primo colpo visto che c’è sempre bisogno di controlli incrociati per confermare un luogo, ho avuto la certezza che si trattasse della Rocca di Radicofani.

Risultati su Google relativi a una ricerca per localizzare un luogo presente in un film 8 mm

La piccola curiosità è che nel 1953 la Cassia passava per l’abitato di Radicofani. 11 anni dopo è stata inaugurata una variante che ne evita l’attraversamento.

Il rimpianto è che nonostante le ricerche che ho effettuato l’evento rimane sconosciuto, o quanto meno non ce n’è traccia sul web, quindi se qualcuno avesse informazioni a riguardo sappia che mi farebbe molto piacere aggiungerle e catalogare un pezzo, per quanto piccolo, di storia d’Italia.

Italia-Ungheria 3-0: doppietta di Puksas

Si passa poi alla partita di calcio.

Per quanto riguarda il luogo che, viste le dimensioni dello stadio e il fatto che la prima parte della pellicola è ambientata in Toscana, la prima ipotesi che ho formulato per istinto si è rivelata sbagliata, ovvero:

  • Artemio Franchi di Firenze

Stadio ugualmente concepito in anni di architettura razionalista, quindi compatibile con le forme che si vedono.

Grazie a internet (chissà quanto difficile sarebbe il mio lavoro se non ci fosse…), mi è stato però estremamente facile imbastire una serie di controlli incrociati per giungere presto alla conclusione che si trattasse di Roma, nonostante in un primo momento fossi stato ingannato dall’immaginario post Italia ’90 di un Olimpico sfigurato dalla copertura, nonché dall’erronea convinzione che lo stadio di Roma fosse stato costruito per le Olimpiadi (in realtà, in una forma somigliante a quella dell’inaugurazione esiste, con nomi diversi, già dagli anni ’20).

Scoperto il contesto geografico, si passa alla data, che non può quindi essere antecedente al 1953. Essendo del tutto evidente che si tratta di una partita della nazionale di calcio e che i giocatori in maglia non azzurra (o non grigia, vista la pellicola in bianco e nero) escono felici dal campo, il gioco è quasi fatto. Andando infatti in questa pagina si trova la lista delle incontri giocati dalla nazionale allo Stadio Olimpico. Le uniche due sconfitte avvenute in un’epoca compatibile con le riprese sono con l’Ungheria nel 1953 e, meno probabilmente, con l’Inghilterra nel 1961. Quest’ultima partita però la si può con un’analisi appena un po’ più approfondita esclude, essendo successiva alle Olimpiadi, quindi quando lo stadio già presentava il tabellone elettronico, che invece manca nel film 8 mm.

Quindi, non c’è dubbio che è proprio il 7 maggio 1953. E di conseguenza anche gli altri due eventi ripresi (il rally in Val D’Orcia e la corsa al velodromo che si vede alla fine) sono verosimilmente avvenuti in quel periodo.

A riprova della data c’è appeso all’edificio della Farnesina, visibile dalle tribune, uno striscione con la scritta:

VOTA DEMOCRAZIA CRISTIANA

Striscione "Vota Democrazia Cristiana" appeso alla Farnesina e visibile dallo Stadio Olimpico nel 1953

Le elezioni politiche infatti si svolsero meno di un mese dopo, il 7 giugno 1953.

Mi permetto di fare una piccola annotazione con una vena di polemica. Trattandosi dell’inaugurazione del principale stadio italiano, l’evento all’epoca ebbe sicuramente una buona copertura filmica, per quanto si svolse in tempi in cui la televisione non c’era ancora (la RAI iniziò ufficialmente le trasmissioni l’anno dopo). Il problema è che se le immagini non vengono pubblicate e quindi la gente non le può vedere, è come se non esistessero e non è possibile che l’onere di mostrare agli Italiani quell’evento spetti a me.

Su internet in realtà c’è qualcosa, ma la qualità della digitalizzazione è quella, imbarazzante, di 30 anni fa, nonostante il girato sia di livello professionale, se non altro per la posizione migliore che i cameraman avevano e per la presenza di una troupe e non di un singolo, pur ottimo, regista amatoriale.

Solo in Italia può succedere

Con la parte del mio archivio che vendo alle produzioni di documentari, mi capita spesso di entrare in contatto con delle figure professionali che tecnicamente si chiamano archivisti. Spesso mi capita di collaborare con un’archivista italiana che lavora in Francia, la quale mi ha palesemente detto che quando la produzione di un documentario cerca materiale d’archivio girato nel nostro Paese, chiamano sempre lei, perché solo un Italiano è in grado di avere la pazienza di interagire con chi gestisce i principali archivi storici che ci sono da noi. Pere la cronaca questi sono di proprietà, diretta o indiretta, dello Stato, e sono:

  • l’archivio RAI
  • l’archivio dell’Istituto Luce.

Se entrambi, tra burocrazia, incompetenze e mentalità di altre epoche, nemmeno si degnano di rispondere alle mail di Netflix o Prime Video, figuriamoci se mai renderanno fruibili al pubblico i loro archivi. E dire, lo ripeto, che sono organismi statali e che dovrebbe essere uno degli scopi dello Stato il salvaguardare e diffondere la memoria storica del Paese.

Meglio fare da soli, credetemi.

I film della Milano degli anni ’60 e ’70: la collezione Casu

Con il mio servizio di telecinema, e più ancora con la mia collezione personale, visibile su:

  • YouTube
  • uno dei miei siti, footagefopro.com

riesco ad entrare in contatto con tanti filmaker o, quanto meno, con i loro eredi.

Carlo Casu è un regista amatoriale milanese che ha ripreso la sua città, e molti altri luoghi d’Italia, dagli anni ’60 agli anni ’80. Ho il piacere di includere i suoi girati, ovviamente dopo aver ottenuto il suo consenso scritto, nella mia collezione, a disposizione di documentaristi di tutto il mondo e a perenne memorai digitale dei suoi splendidi lavori.

Per capire l’importanza dell’opera che ha voluto condividere, a livello storico bisogna considerare che nel suo periodo di attività Milano non era ancora una meta turistica di massa come lo è oggi. Era una città molto importante in Italia e, quanto meno, in Europa, ma in tempi in cui il turismo erano due settimane di ferie ad agosto e il viaggio di nozze, e a viaggiare erano solo i ricchi che vivevano in Europa Occidentale, Nord America e Giappone, non ci sono molti filmati che testimoniano com’era la vera Milano degli anni ’60 e ’70.

In più, anche valutando la quantità inferiore di turisti che girava, bisogna considerare che quest’ultimi rivolgevano le loro attenzione di registi amatoriali, in un periodo in cui le cineprese erano rare e le pellicole costavano parecchio, esclusivamente sui luoghi più iconici della città, quindi molta Piazza Duomo, molta Galleria Vittorio Emanuele e dintorni, una discreta quantità di Castello Sforzesco e poco altro.

I giardini pubblici

I giardini pubblici, o giardini di Porta Venezia, sono da sempre un luogo molto amato dai Milanesi. Oggi sono molto cambiati, a cominciare dal nome, visto che nel frattempo sono stati intitolati a Indro Montanelli che, negli anni in cui il video qui sotto è stato girato, spesso li frequentava. E sono cambiati anche perché nel frattempo, per l’esattezza nel 1992, una delle attrazioni che li caratterizzava, ovvero lo zoo, ha chiuso.

Vedere i Giardini Pubblici in una domenica d’inverno del 1973 nel filmato di Carlo Casu con gli stessi occhi di chi ci andava, a differenza di quello che invece mostrano  i filmati professionali, è una possibilità per nulla scontata. Probabilmente in cantine, soffitti e scatoloni sparsi in angoli poco frequentati delle case, c’è ancora tanto girato di analoga importanza da salvare di quel periodo.

L’aeroporto di Linate

Abituati in un’epoca in cui le Compagni low cost hanno reso nella percezione dei viaggiatori gli spostamenti in aereo molto simili a dei tragitti in autobus, fa un po’ sorridere ripensare a quando a Linate c’erano le tribune per gli spettatori e i nonni portavano la domenica mattina i loro nipoti a vedere l’andirivieni di aeromobili sulla pista.

Questo accadeva nel 1968 anche a Linate, magistralmente ripresa sempre da Carlo Casu in questo filmato super 8 d’epoca:

A proposito di viaggi aerei. Da possessore di oltre 1000 film d’epoca, vi certifico che la differenza di approccio tra oggi e gli anni ’60 non è solo una questione di stupore per la tecnologia in sé. C’è anche la componente del pensare di vedere cose che si sarebbe viste una volta sola nella vita e che per questo andavano immortalate per godersele una volta tornati a casa grazie a moviole e proiettori.

Non immaginate quanta parte delle bobine che salvo dopo averle scovate in giro per il mondo sia fatta di nuvole viste dai finestrini durante i voli, con mio enorme dispiacere, considerato che i cieli fanno parte di quei soggetti che rimangono invariati negli anni, a differenza di quanto si poteva invece immortalare nei luoghi di destinazione dove spesso, proprio a causa dei costi elevatissime delle pellicole, si riprendeva in velocità.

La magnifica Sicilia degli anni ’50 e ’60 nei film di Corrado Randone

Da persona nata nel 1977, se penso alle estati degli anni ’60, non potendo contare sui ricordi la fotografia più facile che mi viene in mente è Il Sorpasso, magnifico esempio di quando il cinema italiano era ancora grande.

Per avere però un’idea realistica di quello che facevano le persone all’epoca non posso affidarmi a un film, e nemmeno alle immagini di repertorio della RAI, perché in quest’ultime c’è la mediazione di una troupe di diverse persone e la consapevolezza di chi viene ripreso della presenza della televisione, elemento che presuppone un’atteggiamento innaturale. L’unico documento che mi dà un’idea realistica di come fossero quelle estati in un’epoca e in un mondo completamente diversi da oggi sono i film amatoriali, come questo, che Corrado Randone ha girato a Marina di Ragusa nel 1965:

Solo un regista amatoriale con in mano una cinepresa grande come una macchina fotografica e che magari che riprende persone conosciute e che quindi non lo considerano un regista, ma uno del gruppo, può cogliere la realtà in un momento storico in cui, a differenza di oggi, solo una persona su 1000 aveva l’apparecchiatura per girare filmati.

La cerimonia di Laurea del 1968

Pur essendo tecnicamente possibile registrare il sonoro anche nei film 8 mm e super 8, di fatto questo non accadeva mai. Tra le migliaia di film che ho digitalizzato posso contare sulle dita della mano quelli con l’audio in presa diretta. L’assenza del parlato non preclude però la possibilità di accorgersi, facilmente, delle differenze tra oggi e l’epoca in cui i nonni hanno avevano l’età dei loro odierni nipoti.

Sempre di Corrado Randone, che ovviamente mi ha dato autorizzazione scritta a diffondere i filmati della sua collezione, è questo filmato del 1968, girato nella facoltà di matematica dell’Università di Catania e che ritrae la Laurea del fratello. Non bisogna essere degli storici e nemmeno degli agenti sotto copertura per cogliere i dettagli che permettono di capire quanto diversa fosse la vita dell’epoca. Non tanto per la tecnologia o per altri elementi di cui ci si può facilmente informare nei libri. E nemmeno per l’estetica dell’epoca, più elegante e rispettosa di oggi, come anche solo le fotografie sono in grado di dirci.

E’ una questione di comportamento: gente semplice, educata, serena. E nulla più dei film, soprattutto quelli amatoriali, ce lo dice:


Le collezioni semi professionali di film 8 mm, super 8 e 16 mm

La gran parte delle collezioni di film 8 mm e super 8 amatoriali, o i rarissimi film 16 mm che venivano girati dai registi non professionisti, ritraggono eventi privati. Da collezionista, e soprattutto da restauratore delle bobine delle persone che si affidano al mio laboratorio per salvaguardare i video che ritraggono la storia della loro famiglia, posso certificare che il 99% di quanto si trova immortalato in quel genere di film appartiene alla categoria:

  • pranzi di Natale
  • Matrimoni
  • gite fuori porta

Tutti eventi che descrivono un’Italia che non c’è più (bastano 10 secondi per accorgersi di quanto lontano sia quel mondo) e che proprio per questo vanno mostrati, ma che necessitano di un lavoro non indifferente per essere valorizzati e fatti capire. Dovrebbe farlo lo Stato o, quanto meno, gli storici e le Fondazioni. In realtà è tutto lasciato sulle spalle di persone come me, che a proprie spese lavorano per evitare il disastro di un Paese che oltre a dimenticarsi della propria storia, si dimostra perfino indifferente di fronte alla distruzione dei documenti che la immortalano.

I luoghi dove la storia è più preziosa, perché ritratta con un occhio competente e che magari ha immortalato gli eventi che meglio descrivono la storia d’Italia, sono gli archivi semi professionali. Quelli di creati da appassionati che facevano un altro lavoro nella vita ma che nonostante questo, in un’epoca pionieristica, passavano il loro tempo libero con cineprese, moviole e taglierine, spendendo su queste i propri risparmi, in un’epoca in cui il costo delle pellicole era talmente elevato che l’hobby della ripresa non era per tutti.

O le collezioni dei piccoli studi di produzione, dei quali ne esistevano un paio per Provincia fino agli anni ’60, molto prima che passasse il tragico messaggio che ognuno ha il diritto di fare che vuole che ha riempito l’Italia di pseudo artisti mantenuti a 40 anni dai loro genitori. Quei laboratori artigianali di un’Italia che non esiste più, non fornivano le loro riprese all’Istituto Luce, ma immortalavano altrettanto nobilmente eventi dei quali altrimenti non sarebbe rimasta traccia. O magari si improvvisavano a pubblicitari di borgata, riprendendo l’apertura di un supermercato o la mostra di quadri nelle strade del Paese.

Cosa succeda a quelle collezioni quando viene a mancare l’artigiano/regista che le ha create posso solo immaginarlo, e il più delle volte non sono buone notizie, a causa degli eredi che non capiscono il valore, più storico che economico, dei film che ricevono.

Ma io sono qui per evitare a catastrofe del mancato trasferimento da analogico a digitale che garantirebbe a quella storia che è stata ripresa la vita eterna. Se mai vi capitasse di avere a disposizione dei film amatoriali di valore, perché siete gli eredi di qualcuno che si dilettava a riprendere quando per registrare un video non bastava tirare fuori dalle tasche il telefono, contattatemi con il modulo qui sotto: Possiamo salvaguardare insieme un pezzo di Italia.

Daniele Carrer

Daniele Carrer di fronte al suo scanner per il telecinema e al computer durante la fase di restauro dei film

Chiunque sia interessato a giungere ad un accordo per distribuire la sua collezione di bobine 8 o 16 mm, o a digitalizzare i suoi film (8 mm, super 8 e 16 mm – muti o sonori) con il telecinema del mio laboratorio, può contattarmi usando il modulo qui sotto:

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    Telecinema: vi spiego perché sono quasi tutte fregature

    Quando si parla di telecinema, bisogna partire da un presupposto: i proiettori per film

    • 8 mm,
    • super 8

    sono fuori produzione da almeno 30 anni. Quindi, la maggior parte delle persone che oggi vogliono digitalizzare pellicole, non conosce lo stato di conservazione di quest’ultime, e tanti di coloro che svolgono questo servizio se ne approfittano.

    Se non si è esperti, verrebbe spontaneo pensare che, a distanza di decenni, i propri filmati siano:

    • sbiaditi,
    • sfuocati
    • con pessimi colori.

    In altre parole come il quadro a sinistra del video qui sotto che vi invito caldamente a guardare e confrontare con quanto esce dal mio laboratorio:

    I film 8 mm e super 8 resistono al tempo (molto più dei VHS)

    Il punto è che, a differenza della tecnologia che li ha sostituiti (il VHS e il video 8) i film 8 mm deperiscono poco nel tempo. Dall’alto del fatto che di quest’ultimi ne ho:

    • acquisiti
    • restaurati

    migliaia, molti dei quali appartengono alla mia collezione personale che vendo a produzioni documentaristiche internazionali tramite questo mio sito in inglese, vi certifico che anche con pellicole degli anni ’30 del ‘900 si possono invece ottenere ottimi risultati.

    I difetti della maggior parte dei lavori di telecinema

    Tornando invece al filmato qui sopra, vi spiego in poche parole l’elenco dei principali difetti che ha il telecinema che è stato effettuato sulla destra e che rappresenta la media di quello che si trova sul mercato, ahimè anche se l’importo che vi chiedono è elevato (spiego sotto perché succede):

    • il quadro è stato ingrandito, quindi il 30% dell’immagine originale è stata tagliata,
    • i colori sono completamente sfasati,
    • non è stata effettuata nessuna pulizia digitale della pellicola (è pieno di puntini, pelucchi, ecc.),
    • l’immagine è visibilmente sfuocata,
    • la riproduzione non è fluida
    • il video è traballante (non è stato utilizzato uno stabilizzatore software).

    Credetemi:

    la maggior parte delle digitalizzazioni offerte sul mercato presentano tutti questi problemi.

    Fin qui tutto normale, perché qualsiasi servizio può essere svolto da:

    • professionisti seri,
    • o da truffatori.

    Se però chiamate un imbianchino a pitturarvi la casa e questo lascia sporco per terra e macchie sui muri, voi ve ne accorgete, e potete contestargli il lavoro. Se chiamate un tecnico ad aggiustarvi la lavatrice e questa si rompe di nuovo dopo tre giorni, voi lo richiamate e, quanto meno, vi fate rifare gratis la riparazione.

    In virtù di questo, sul mercato, di truffatori tra gli imbianchini e i tecnici che riparano elettrodomestici di sicuro ce ne sono, ma sono una minoranza, proprio perché i clienti si accorgono di chi lavora male.

    Con il telecinema purtroppo non è così, per un semplice motivo.

    Le fregature si fanno fatica a riconoscere

    Il problema di chi porta i suoi film in un laboratorio per digitalizzarli è che se si incontrano delle persone poco serie, non c’è modo di contestare il lavoro, perché dall’altra parte ci sarà sempre qualcuno che ribatterà:

    Se si vede male è normale, perché il film è vecchio.

    Frasi del genere a volte sono figlie della scarsa onestà, altre volte dell’ignoranza, perché la tecnologia disponibile fino a 10 anni fa consentiva solo di acquisire:

    • film 8 mm
    • film super 8

    con la qualità visibile nel video di sinistra del filmato pubblicato sopra.

    Oggi, per fortuna, la tecnologia è migliorata dal giorno alla notte, sempre che chi effettua il telecinema si sia aggiornato.

    Chi sono quelli che fanno il telecinema?

    Su internet ci sono decine di persone che si offrono per fare il telecinema. Più o meno ogni negozio di fotografia ha il suo “tecnico” di fiducia che chiama quando entra un cliente che vuole digitalizzare le proprie pellicole.

    Il problema è che il 99% di questi, per svolgere il lavoro, usa il metodo della telecamera che riprende l’immagine del proiettore sul muro o su uno schermo bianco. In quel caso, non c’è nessuna possibilità che il risultato finale sia migliore di quello del video sulla destra del filmato pubblicato sopra.

    Mi duole dirlo, ma situazioni del genere succedono anche se ci si affida a negozi di fotografia storici e serissimi nel loro lavoro. Accade, perché non essendo materia di cui sono direttamente competenti (fotografia e ripresa video, specie tanti anni fa, erano due cose molto distinte) non si sono aggiornati sulle nuove tecnologie.

    Ma più che credere alle mie parole, che effettivamente sono parole interessate di una persona che svolge lavorazioni di telecinema, per capire con chi avete a che fare, prima di affidare i vostri ricordi a queste persone, dovreste semplicemente chiedere di farvi vedere il livello di qualità delle loro digitalizzazioni.

    Anche se non ve ne intendete, basta riprodurre il filmato per capire se la qualità è quella del quadro sulla destra o del quadro sulla sinistra. Sarò pessimista, ma penso che a quel punto inventino una scusa. A proposito: questo è il mio canale YouTube con i film storici della mia collezione personale che ho acquistato negli anni. Ci sono più di 1000 video, perché la loro visione è un motivo di orgoglio, non di paura per la perdita di eventuali clienti.

    State attenti ai possibili danni alle vostre pellicole

    Inserire una pellicola in un proiettore fuori produzione da almeno 30 anni, significa metterne a serio rischio l’integrità. Una volta che la pellicola si rompe, i ricordi che ci sono immortalati sono persi per sempre.

    I film 8 mm e super 8 si possono infatti rovinare irrimediabilmente se si ha la sciagurata idea di digitalizzati usando un proiettore. Per due motivi:

    1. la pellicola viene fatta scorrere in degli ingranaggi e in una canalina strettissima che spesso si inceppa, senza che ci sia un meccanismo di interruzione automatica del trascinamento, causando dei disastri.
    2. la luce con cui i proiettori illuminano le pellicole è di tipo tradizionale, quindi calda. Se la pellicola si blocca, come accade spessissimo, la lampada la brucia, rovinandola per sempre.

    Visto che nessun cliente poi va a riprodurre il film una volta digitalizzato, attenzione che la stragrande maggioranza dei laboratori non dichiara se durante la lavorazione qualcosa è andato storto.

    Perché il mio telecinema concilia qualità e sicurezza

    Per quanto mi riguarda il mio telecinema, ovviamente non uso un vecchio proiettore, ma uno scanner di recente fabbricazione, più nello specifico il FilmaFabriek HDS+ che potete vedere illustrato in questa pagina direttamente dal produttore. Nel mio apparecchio, lo scorrimento avviene esternamente e su dei rulli (non su degli ingranaggi). La lampada che utilizza è a LED, quindi a luce fredda e, in quanto tale, non può bruciare la pellicola.

    Se volete approfondire in cosa consiste nel dettaglio questo sistema lo spiego in questa pagina.

    Tale scanner costa migliaia di euro ed è stato utilizzato da degli archivi professionali per digitalizzare la loro collezione.

    Ma oltre all’apparecchio per la digitalizzazione, il punto di forza del mio sistema è il software di restauro, che è in grado di correggere la gran parte dei segni (graffi, pelucchi, puntini vari) che caratterizzano i film di qualche tempo fa.

    La combinazione di scanner e software

    Quasi tutti i laboratori più professionali, anche quelli che utilizzano uno scanner anziché il proiettore, non usano il software di restauro, e questo si ripercuote sulla qualità finale.

    Come potete notare nel filmato in cima alla pagina (questa volta concentrandovi sul riquadro di destra) le immagini sono anche particolarmente stabili, nonostante le cineprese dell’epoca fossero molto più difficili da tenere ferme, perché lo scorrimento della pellicola all’interno generava delle vibrazioni e, tanto più, non c’erano gli stabilizzatori ottici ed elettronici che ci sono invece oggi.

    Il software che uso, inoltre, corregge tutti i valori dell’immagine:

    • livelli,
    • contrasto,
    • luminosità,
    • saturazione

    Se non si passa per un programma, è impossibile che lo scanner, e tanto più il proiettore e la telecamera, riescano ad acquisire con quelle impostazioni regolate alla perfezione.

    Ma pochi hanno l’accortezza di effettuare tale ulteriore passaggio, perché rappresenta una notevole perdita di tempo, e se i clienti comprano a scatola chiusa, purtroppo, è molto più importante essere veloci che offrire un prodotto all’altezza dei ricordi che ci sono al suo interno.

    Fate molta attenzione. La tecnologia di acquisizione odierna è arrivata al massimo della qualità a cui possono essere scannerizzati i film 8 mm e super 8. Quindi, quello che si effettua oggi è il lavoro definitivo di digitalizzazione delle pellicole perché, a differenza di quello che accadeva fino poco tempo fa quando il telecinema consisteva nel trasferire i film su nastri VHS, visto che le cassette erano più comode da vedere (ma scarse di qualità), nessuno, fra 10 anni ridigitalizzerà le pellicole che affidate ai vari telecinema. Quindi, attenti alle fregature.

    Il risultato è ulteriormente migliorabile? Forse, ma già ci si può “accontentare”

    Mi rivolgo ai veri appassionati di film 8mm e super 8. Se si ricordano dei loro film riprodotti dai proiettori, è un dato di fatto che gli attuali software consentono di creare video:

    • con meno grana
    • più luminosi
    • con i colori bilanciati
    • più stabili (le riprese originariamente erano quasi sempre mosse per l’assenza di stabilizzatori ottici nelle vecchie cineprese e per lo scorrimento delle pellicole che causava delle vibrazioni fastidiose).

    Oggi c’è un ulteriore passo in avanti che si potrebbe fare per raggiungere una qualità ancora più professionale, ma questo, anche solo per un film di pochi minuti. richiede giorni se non settimane di lavoro da parte di un tecnico altamente specializzato, perché si tratta di una procedura che riguarda ogni fotogramma registrato.

    I film 8mm, infatti, venivano girati a 16 fotogrammi al secondo, mentre i super 8 e i 16 mm a 18. Il sistema di riproduzione odierno lavora invece a 25 fotogrammi al secondo. Nell’adattare questa differenza, quando il movimento dei soggetti è evidente, come nelle panoramiche, c’è una perdita di fluidità perché 9 fotogrammi ogni secondo (o 7) vengono ripetuti, quindi l’immagine risulta un po’ scattosa.

    E’ sempre stato così fin da quando cinema e televisione hanno iniziato ad usare pellicole 8 mm e super 8. Qualche anno fa Martin Scorsese fece un magnifico documentario su George Harrison in cui usò anche dei film amatoriali. Per adattarli usò la tecnica della ripetizione dei fotogrammi.

    Da un paio d’anni a questa parte sono usciti dei software, in particolar modo:

    • Adobe After Effects
    • Davinci Studio

    che per adattare questa differenza usano l’intelligenza artificiale, ovvero interpretano la scena e creano i 9 (o 7) fotogrammi mancanti senza ripetere quelli effettivamente girati, ma “immaginandoli” da zero.

    Di conseguenza il video è fluido, con la controindicazione che in alcune scene il computer non riesce a calcolare correttamente il nuovo fotogramma e quindi l’immagine risulta distorta. Succede perché siamo appena all’inizio dell’era dell’intelligenza artificiale e quest’ultima deve ancora perfezionarsi.

    Approfondisco questo discorso in questa pagina, dove trovate anche il video che segue:

    che spiega le due tecniche di restauro che gli studi professionali usano, con i relativi pregi e difetti:

    • interpolazione
    • blending

    La parte più interessante del filmato è quella da 5:20 in poi, perché si vede concretamente cosa comportano entrambi i sistemi di adattamento del numero dei fotogrammi al secondo.

    Riassumendo la questione:

    per una serie di motivi si preferisce utilizzare quasi sempre il blending per adattare il diverso numero di fotogrammi al secondo, anche se l’interpolazione permette di ottenere risultati migliori nella maggior parte di casi.

    Per quanto riguarda il futuro: fra 10 anni nessuno può dire la tecnologia dove potrà arrivare, ma non bisogna aspettare troppo perché è anche possibile che il deterioramento delle pellicole dovuto al tempo che passa causi nel frattempo danni irreparabili.

    Daniele Carrer

    Daniele Carrer di fronte al suo scanner per il telecinema e al computer durante la fase di restauro dei film

    Chiunque sia interessato a digitalizzare i suoi film 8 mm e super 8 con il mio telecinema può contattarmi usando il modulo qui sotto:

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      Come convertire il numero di fotogrammi al secondo con Adobe After Effects

      I fotogrammi al secondo (fps) sono un susseguirsi di immagini che, per un difetto della nostra retina, ci fa credere che i filmati siano delle immagini fluide. Lo standard televisivo italiano prevede che questi fotogrammi siano 25 al secondo, ma ci sono molte eccezioni.

      I fotogrammi al secondo (fps): cosa sono

      Se avete un Iphone, quando registrate un video lo fate usando lo standard televisivo americano, ovvero 29,97 fotogrammi al secondo. Se state guardando un blue ray in un televisore recente, lo state guardando a 24 fotogrammi al secondo, ovvero con lo stesso standard con cui vengono tutt’ora girati i film. Se state giocando ad una console per videogiochi e avete un televisore di ultima generazione è probabile che le immagine che vedete siano 50 al secondo.

      Se invece trovate in soffitta dei vecchi film di famiglia, per capirci, questi:

      Gruppo di pellicole 8 mm

      e avete la possibilità di procurarvi un proiettore, per gustarveli alla velocità con cui sono stati girati dovreste impostare l’apparecchio a:

      • 16 fotogrammi al secondo, nel caso di trattasse di film 8 mm;
      • 18 fotogrammi al secondo, nel caso di trattasse di film super 8.

      I proiettori, però, sono fuori produzione da più di 30 anni e, oltre a questo, sono anche esageratamente scomodi da usare per chi è abitato alla tecnologia moderna.

      La cosa più facile da fare è quindi digitalizzare le pellicole, ma per farlo nel modo corretto bisogna trasformare i 16 o 18 fotogrammi al secondo in 25, e farlo bene. Tanti software ci riescono ma, secondo il mio modesto parere, il migliore programma che potete usare è di gran lunga Adobe After Effects che si può acquistare (o provare gratuitamente) in questa pagina.

      Come convertire i fotogrammi al secondo con Adobe After Effects: il tutorial

      Fare la conversione dei fotogrammi al secondo è estremamente semplice se si usa After Effects, a differenza di quanto succede con altre operazioni che con quello stesso software si possono fare e che permettono di ottenere livelli di qualità molto vicini ai film di Hollywood, ma non sono alla portata tecnica dei non professionisti o, quanto meno, di chi non è esageratamente appassionato della materia software/elaborazione video.

      Il tutorial

      Lanciate Adobe After Effects. Vi appare la schermata di avvio:

      Schermata di Adobe After Effects

      Per importare il vostro film super digitalizzato alla velocità con cui è stato girato, ovvero 18 fps, fate:

      Schermata di Adobe After Effects

      File/Import/File (scusatemi, ma io ho impostato il programma con i comandi in lingua Inglese).

      Vi trovate il video importato in alto a sinistra nella finestra Project. Nella stessa sono riportate le caratteristiche tecniche del filmato:

      Schermata di Adobe After Effects

      ovvero:

      1. risoluzione 976×720
      2. durata 16:13
      3. 18,00 fps

      Trascinate il video, sempre all’interno della finestra Project, sul simbolo del fotogramma che trovate in basso a sinistra, ovvero il terzo della riga:

      Schermata di Adobe After Effects

      e rilasciate il tasto sinistro del mouse.

      In tal modo ottenete una sequenza con le stesse caratteristiche di

      1. risoluzione,
      2. durata,
      3.  fps

      del video che avete importato:

      Schermata di Adobe After Effects

      Non vi resta altro che modificare tali valori secondo quanto abbiamo detto. Per farlo, cliccate nella finestra Project con il tasto destro sopra la sequenza appena creata e selezionate:

      Schermata di Adobe After Effects

      • Composition Settings.

      Vi si apre questa finestra:

      Schermata di Adobe After Effects

      all’interno della quale dovete modificare il Frame Rate, portandolo da 18 a 25.

      Io ne approfitto anche per aggiungere, nella stessa finestra, le bande nere verticali al video, portando la risoluzione a 1280×720, perché la risoluzione di acquisizione è un fuori standard nel mondo del video, e mantenere il file così può causare dei problemi di compatibilità con i software.

      Ne ottengo quindi questi valori:

      Schermata di Adobe After Effects

      Premo:

      • OK

      per confermare.

      I metodi per convertire i fotogrammi al secondo

      Ci sono sostanzialmente 3 metodi per cambiare il numero di fotogrammi al secondo.

      Quello primordiale è velocizzare o rallentare il video. Mi spiego: se un film girato a 16 fotogrammi al secondo viene riprodotto a 25 senza conversioni, questo appare velocizzato, perché si comprime in un secondo quello che quando si è girato è successo in un secondo è mezzo. E’ un po’ l’effetto dei film muti all’alba del cinema: esteticamente non è accettabile se non volete far ridere.

      Il secondo metodo è quello utilizzato di norma da tutti i programmi di montaggio e prevede la ripetizione di alcuni fotogrammi all’interno della sequenza. Sostanzialmente, se si volesse trasformare un film 8 mm in blue ray, convertendo quindi i 16 fotogrammi al secondo originari in 24, bisognerebbe ripetere un fotogramma dopo averne riprodotti 3. Il video sarebbe fatto così: fotogramma 1, fotogramma 2, fotogramma 3, fotogramma 3, fotogramma 4, fotogramma 5, fotogramma 6, fotogramma 6 e fotogramma 7 e via dicendo. La controindicazione è che si perde di fluidità e il video appare scattoso.

      Il terzo metodo è quello a mio avviso migliore, ed appartiene all’epoca moderna, da quando si è iniziato a trattare i video con i computer. Nel caso si trasformino sempre i 16 fotogrammi al secondo in 24, gli 8 fotogrammi mancanti al secondo non sono delle ripetizioni dei fotogrammi esistenti, ma vengono creati da zero dal computer che, calcolando il movimento di tutti soggetti inquadrati, riesce a ricreare la scena. Questo metodo si chiama interpolazione o ricampionamento.

      Non mi dilungo sulla questione, perché l’approfondisco con esempi concreti in quest’altra pagina.

      Interpolare i fotogrammi con Adobe After Effects

      In quest’ultima parte del tutorial vi farò vedere, a prosecuzione di quanto già spiegato, come interpolare i fotogrammi che mancano dal vostro video originario (in questo caso, trasformandoli da 18 a 25).

      Nella finestra timeline c’è come unico elemento: il video che ho importato all’inizio.

      Schermata di Adobe After Effects

      Essendoci una differenza  tra i fotogrammi originari (18) e quelli che ho impostato nella finestra precedente (25), devo dire al programma come calcolare i 7 mancanti.

      Per dirgli con l’interpolazione devo cliccare il quadrattino che c’è a destra del nome del file e che vedete nell’immagine qui sotto, fino a far apparire la freccia:

      Schermata di Adobe After Effects

      Fatto questo, si può esportare il video con 25 fotogrammi al secondo tutti diversi tra di loro.

      Daniele Carrer

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