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Il telecinema

Fare telecinema di film 8 mm e super 8

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Podcast

New York 1972

Ascolta “New York 1972” su Spreaker.

La gente che vive la vita normale, tanti anni fa. Sembra quasi che tu possa uscire dalla macchina del tempo e iniziare una conversazione con ognuno di loro:  Hey, cosa leggi? Sai dov’è il bar più vicino?

Queste non sono parole mie, ma sono quelle di un Americano che ha commentato su Youtube un film che ho restaurato e che è stato girato a New York nel 1972. Per quanto io non abbia al momento rilasciato nessun contenuto in lingua inglese per spiegare quello che sto facendo, quell’utente ha colto in pieno l’essenza del mio progetto. Quindi questo contribuisce a dimostrare che dalla più profonda provincia italiana dalla quale provengo, quella stessa che uno di quegli intellettuali capoccioni che sono talmente intelligenti che sono rimasti al mondo di vent’anni fa denigrerebbe, grazie al web, che evidentemente non è solo:

  • notizie false
  • giovani che perdono i loro anni migliori nel nulla

sto aggiungendo un piccolo tassello di storia alla città più importante del mondo, dandone con le sole mie forze una visione reale che si affianca a quella, senz’altro più celebre ma non più degna di rispetto, della finzione, neorealistica, della Mean Streets di Martin Scorsese o delle cronache un po’ schierate che sono arrivate ai giorni nostri direttamente da quell’America dell’anno della rielezione di Nixon.

Il 1972 è importante per l’architettura Newyorkese. Il mio progetto si basa sul business, perché se cosi non fosse anziché essere qui a registrare un podcast ascoltato da centinaia di persone butterei il mio tempo a vagabondare per le sedi di partito in cerca di finanziamenti a quello che sulla carta rimarrebbe un ottimo progetto, visto che senza le spalle sufficientemente larghe che servono per farsi spazio nel mondo scarsamente meritocratico delle pubbliche relazioni non si va da nessuna parte. L’architettura di una città è importante perché sulla sagoma dei suoi palazzi è costruito l’immaginario collettivo della città stessa e quindi, più concretamente, ad un documentarista che sta parlando di New York nei primi anni 70 servono degli spezzoni di film che la identifichino in quell’epoca, in cui iniziano ad inalzarsi nel suo skyline quelle che, nella memoria che verrà tramandata ai posteri, rimarranno per sempre il simbolo più evocativo della città, non solo in quegli anni.

Il mio progetto rimane in equilibrio su un presupposto poco legato alla storia, ma molto legato al business. lo, per prima cosa, devo trovare un metodo per comprare altri film, quindi il discorso economico viene prima di quello antropologico della gente che, come suggerisce il commentatore di cui ho parlato all’inizio, si comporta in un modo per nulla influenzato dalla cinepresa che sta riprendendo, visto che nel caso di quelle che hanno girato la mia collezione parliamo di un apparecchio poco più grande di una macchina fotografica reflex, con la quale ai tempi veniva spesso scambiato dai passanti. Un collezionista come me deve saperne di tante cose:

  • di mercato, perché c’è una bella differenza tra vendere la ripresa di un gruppo di broker di Wall Street che cammina per Manhattan negli anni 80 con atmosfere che sembrano uscite direttamente dal film di Oliver Stone, ma che a differenza di quelle di quest’ultimo sono scene reali, e vendere il filmato dì un gruppo di turisti che in quello stesso momento cammina per Venezia che, ve lo confermo se ce n’è bisogno, è esattamente identica ad oggi, tranne che per il ponte di Calatrava di cui esteticamente se non poteva fare a meno, ma quello è un altro discorso.

Deve saperne:

  • di pellicole, che nel caso dell’8 mm sono talmente perfette dal punto di vista della qualità dell’immagine che solo all’inizio dell’attuale secolo sono state superate a livello amatoriale dall’avvento delle prime telecamere HD. Provate a pensarci: dal 1932 ai primi anni 2000 non c’è stato nessun miglioramento qualitativo, ma semmai una regressione con l’avvento dei nastri negli anni 80,

e ne deve sapere

  • di storia, se non attingendo solo al suo bagaglio culturale, consultando i mezzi che la tecnologia gli mette a disposizione e che, di informazione in informazione, contribuiscono a renderlo una persona più competente e per questo migliore.

Quindi, capita spesso che, nei siti dove metto a disposizione di documentaristi e televisionari vari gli spezzoni di film che restauro, io debba risalire al luogo dove quelle riprese sono state fatte, partendo magari dallo zoom su un cartello stradale o da uno stile architettonico che, incrociato su Google immagini con la città, e restituito dal motore dì ricerca in un colpo d’occhio che, pur con centinaia di risultati, si consulta in 10 secondi, permette di ottenere una ricostruzione precisa, oltre che del tempo, anche del luogo esatto in cui si stava svolgendo la scena.

Nonostante io non abbia mai avuto il piacere di visitare New York, quando mi capita di assistere ad un dialogo di un film di Hollywood o, più probabilmente, di una serie TV alla Sex and The City, succede sempre più spesso che io riesca a riconoscere delle ambientazioni che avevo visto in una qualche pellicola amatoriale di decenni prima. Luoghi che non sono necessariamente quelli che anche le casalinghe avanti negli anni hanno in mente, come:

  • la Statua della Libertà
  • Times Square
  • Central Park

ma, giusto per citare concretamente icone un po’ meno alla portata di tutti che mi sono già capitate, possono essere anche:

  • Washington Square
  • la Chiesa di Saint Thomas
  • il Radio City Music Hall.

Tutti posti che il turista medio Italiano difficilmente visita, nonostante i 1000 euro che spende per il volo e la quantità esorbitante di selfie di fronte all’Apple Store della quinta strada che si trovano in rete, e che evidentemente non sono sinonimo di tanto tempo a disposizione, ma del semplice desiderio di farsi forza fingendosi una persona migliore, comunicando ai propri contatti che si trova in quel posto.

Il punto di forza di un filmato ambientato a New York nel 1972 è che quelle che furono le icone più importanti della città per i successivi 3 decenni, in quell’anno erano ancora in costruzione, per quanto l’unico segnale di cantiere visibile nel film che ho restaurato io fosse oramai solo una gru in cima ad una delle due torri. In virtù di questa fotografia temporale, durata per l’esattezza dal 1966, anno della posa della prima pietra, all’inaugurazione avvenuta nell’anno successivo a quello del mio filmato, la pellicola super 8 che ho comprato da uno svuotacantine austriaco e poi ho reso disponibile alla collettività dopo un restauro passato attraverso uno scanner in alta definizione ed un software open source, diventa ancora più preziosa nel momento in cui cerco di venderla.

Non l’ho detto ma credo che l’abbiate capito: le ho definite icone al plurale e non esistono a memoria altri esempi al mondo di simboli doppi, scervellatevi pure e non considerate i cloni che ci sono a Malesia. lo sto parlando del World Trade Center e più in particolare degli edifici più alti di quel complesso, ovvero le Torri Gemelle.

Provate a pensarci:

  • il mio scopo è vendere a dei clienti, tendenzialmente dei documentaristi, uno spezzone di filmato storico di pochi secondi.

Il primo elemento importante è la città immortalata e New York, su questo non c’è nessuno spazio per la discussione, è la Capitale del mondo e quindi il posto che è in grado di generare i migliori guadagni per uno come me.

In secondo luogo c’è il lasso temporale, che nel caso in questione è diviso in tre tempi: fino all’inizio del cantiere e dopo il 2001 quando non ci sono, nei 7 anni di costruzione e dal 1973 fino ai successivi 28 anni.

Qual è l’immagine più preziosa?

Nonostante si tratti di quella che identifica il minor numero di anni è proprio quella in mio possesso che è ambientata durante la costruzione.

Sono sicuro che ogni tanto incappate su una di quelle rubriche tipiche del sito dei giornali importanti e dove si mostrano cose del tipo:

  • Le 20 foto che di sicuro non avete mai visto

e a quel punto appare il cantiere della Torre Eiffel, che essendo relativo al biennio 1887-1889 è documentato solo con immagini statiche, essendo il cinema un’invenzione successiva, per altro successiva di pochissimi anni. Esistono milioni di foto in bianco e nero della Torre Eiffel, magari contestualizzate in epoche lontanissime rispetto alle nostre, fatte di carrozze e uomini con cilindro e i baffi alla Re Vittorio Emanuele, ma quelle sono fotografie che raccontano un momento di cui esistono tante prospettive che sono giunte ai giorni nostri. Il cantiere invece è un’immagine rara, una di quelle immagini che per la negligenza di una singola persona magari poteva anche togliere all’intera Umanità la fotografia di un attimo di storia che nessuna tecnologia sarà mai in grado di ricreare con la stessa realisticità della vita vera. Ai film 8 mm può toccare la stessa sorte, perché in questo formato amatoriale spesso non trovano in chi li eredita sufficienti motivazioni per essere conservati e in quanto, non ridete ma questa è proprio la triste realtà,

  • filmato, quindi supporto più complesso da fruire rispetto ad un’immagine statica

diventa spesso un tondino di metallo, all’apparenza senza contenuto, da relegare nella spazzatura.

Mi permetto di ringraziare un ascoltatore, che si firma Thor ODT e che conosco anche per l’altro mio podcast che, vi ricordo, si chiama:

Vendere foto e video online

Ha scritto:

Finalmente tornano questi episodi, che ascoltavo volentieri ogni settimana.

Grazie amico mio del sostegno. Sapete che la diffusione di un contenuto nel web è una questione di algoritmi e per determinare il successo di un podcast i commenti contano, in più sono fondamentali per farmi sapere che ci siete. Di solito registro in una stanza un po’ buia e solitaria, non perché io sia un eremita, ma perché è il luogo migliore della casa per evitare i rumori di fondo, quindi in un contesto del genere vedere le statistiche degli ascolti e ancor di più le vostre parole mi conforta. Il progetto è ancora del genere

  • fatto in casa, per quanto 700 pellicole oramai occupino più spazio di un’utilitaria

quindi io ci credo molto visto lo sforzo che mi comporta portarlo avanti da solo. Che dire: grazie di avermi ascoltato, spargete la voce, commentate, moltiplicatevi. Ricordatevi che il mondo può migliorare anche per i gesti delle singole persone. Ci sentiamo il prossimo episodio.

Toilette per non bianchi

Ascolta “Toilette per non bianchi” su Spreaker.

C’è una scena madre per raccontare questa storia: siamo nell’estate del 1965 e c’è una coppia, credo Francese, che sta facendo un tour in Nord America. Dopo aver visitato città all’epoca poco frequentate dai turisti, come Montreal o New Orleans, arrivano a Chicago e riprendono le strade di quella che, più di 4 decenni dopo, diventerà la città del primo Presidente nero degli Stati Uniti. Ho detto che si tratta probabilmente di Francesi, perché io, che sto guardando la pellicola nel millennio successivo a quello in cui è stata girata, l’ho comprata da uno “svuotacantine” di Parigi, ed è improbabile per quanto non impossibile che questa sia già passata di mano prima che io la trovassi su Ebay, e ho anche detto che siamo nell’estate del 1965 perché la città successiva che visitano è Miami, e ad un certo punto mentre riprendono una strada si vede l’insegna di un cinema con la locandina del film Harlow, che è uscito proprio in quell’anno, più precisamente a luglio ed è rimasto poche settimane nelle sale. Sono indizi che tanti anni fa, quando ho iniziato a collezionare pellicole, magari mi sfuggivano, ma che oggi, anche grazie a Google, riesco quasi sempre a collocare nello spazio e nel tempo, cosa che quando c’era solo l’enciclopedia Treccani non avrei potuto fare.

Ad un certo punto il cameraman indugia su un gruppo di persone che attendono il verde per attraversare la strada. 5 secondi, 10 secondi, tempi fin troppo lunghi per un regista amatoriale che usa la pellicola 8 mm, visto che questa costa un occhio della testa e uno dei più grandi difetti che riscontra un collezionista dei tempi del digitale come lo sono io, è che gli spezzoni sono troppo spesso corti per essere venduti nei siti che vi spiegavo nello scorso episodio.

Poi arriva il verde e il cameraman segue le persone mentre camminano, soffermandosi su una in particolare. Si tratta di un uomo che oggi, in tempi politicamente corretti, definiremo un Afroamericano, ma che all’epoca è, almeno negli Stati Uniti, semplicemente un negro, visto che quel Paese solo in quello stesso anno gli ha garantito il diritto di voto e fino all’anno prima lo obbligava ad utilizzare negli autobus posti riservati alla gente della sua razza.

La coppia di Francesi, che viveva probabilmente in una Parigi molto diversa da oggi e, almeno vedendo certi commenti sotto ad alcuni video storici che pubblico nel mio canale Youtube, rimpianta da tanti, si stupiva nel vedere un uomo di colore in giacca e cravatta attraversare la strada, e in virtù di tale diversità lo stava riprendendo. Sottolineo: io ho visto un sacco di film americani girati prima degli anni 60, e non intendo pellicole amatoriali ma quel genere di film con attori e registi che hanno fatto la storia del cinema. Ho visto anche una serie TV come Mad Man che è ambientata proprio in quel periodo e nella quale il tema della segregazione razziale è ben presente. Ma lì si tratta di finzione, e non sai mai quando quella descritta sia la realtà o la fantasia di uno sceneggiatore politicamente schierato, quindi ho dovuto aspettare di avere 40 anni e di comprare il filmato delle vacanze di una coppia di Francesi che nel 1965 si è fatta un viaggio negli Stati Uniti, per capire che aria tirava all’epoca e questo per un semplice motivo:

i film 8 mm sono la vita reale, sono l’occhio delle persone normali nei confronti di un mondo senza filtri. Sono Youtube decenni prima di Youtube.

Ci stiamo abituando ad una società che cambia ogni giorno, quindi è quanto di più scontato esista dire che ai tempi della pellicola 8 mm che, lo ricordo, già alla metà degli anni 80 è andata in disuso, tutto era diverso. Erano diverse le automobili, erano diversi i vestiti, erano diverse le abitudini. Una cosa che all’inizio della mia attività di collezionista mi stupiva era il tempo che le persone passavano a riprendere aerei ed aeroporti, dall’alto della momentanea ingenuità di una persona che, grazie alle compagnie aeree low cost, in più di un occasione si è fatto la giornata in una Capitale Europea: andata la mattina e ritorno la sera, spendendo molto di più per il pullman dall’aeroporto al centro che per il volo. Dico ingenuità perché, anche se da una ventina d’anni non ce ne rendiamo conto, una volta viaggiare in aereo era un cosa straordinaria e costosissima, quindi un qualsiasi regista amatoriale di film 8 mm si sentiva nell’obbligo di documentare l’evento, con buona pace di chi come me decenni dopo quel film se l’è comprato e con le riprese dal finestrino durante il volo non se ne fa nulla.


 

Una volta, sempre una coppia di coniugi senza figli si trovava in una spiaggia vicino a Città del Capo. Dico senza figli perché, lo sappiamo noi genitori, questi sono un bell’ostacolo al viaggio, e quella stessa coppia di tedeschi dell’ovest, come dimostra la loro intera collezione che ho comprato, viaggiava sempre da sola. In più, per le stesse congetture di cui parlavo all’inizio, il motivo per cui quelle pellicole oggi ce le ho io che nemmeno li conoscevo e la Germania Ovest, visto che oggi non esiste più, rimarrà uno di quegli Stati che non visiterò mai, è proprio perché nipoti o eredi lontani al momento della dipartita sono i primi a non farsene nulla dei ricordi dei loro parenti, e vendono per poche decine di euro a gente come me il patrimonio di ricordi che hanno ereditato.

Nel film siamo nel 1973. Prima inquadratura: c’è un surfista biondo capellone con la tavola in mano. Non sono già più gli anni d’oro dei Beach Boys ma, anche se è un podcast, è facile immaginare quel giovane che sembra uscito dal film “Un mercoledì da leoni”. Seconda inquadratura: c’è un cartello, simile a quelli che si trovano anche nelle nostre spiagge con scritte del tipo: “divieto di balneazione” o “i bagni sono attivi solo d’estate”. Quel cartello è scritto in due lingue, una è l’Africaans, che è una lingua simile all’Olandese che si parla da quelle parti. Uno come me, che non la conosce, la riporterebbe più o meno così:

Nie Blankes mans en vrouens.

L’altra è l’inglese, ed è:

Toilets non whites

ovvero bagni per non bianchi.

Fin qui nulla di nuovo: io sono nato nel 1977 e mi ricordo bene gli anni dell’Appartheid e tutto quello che ha portato alla sua fine. Però fa davvero strano rivederlo al giorno d’oggi, collocato nel tempo a pochi anni prima che nascessi io, che in uno strano Paese come l’Italia ero considerato un giovane fino all’altro giorno.

La domanda che mi faccio però è un po’ diversa. Il regista era un cinquantenne Tedesco dell’ovest. Lo so per certo, oltre che per aver trovato la pellicola in Germania, che è un buon indizio ma non la prova definitiva, anche perché, come ho detto, ho comprato un lotto intero di suoi film, quasi sempre ambientati all’estero, ma con frequente partenza da Francoforte. Ho detto cinquantenne, perché l’ho visto in ore di girato e posso sbagliarmi al massimo di 5 anni , quindi, qui andiamo un po’ più nel profondo: 1973 meno 50 implica che abbia fatto la guerra dalla parte perdente. Ne avesse anche solo 45 farebbe 1928, ed Hitler poco prima della fine arruolò i sedicenni, quindi siamo perfettamente congruenti con quel presupposto anagrafico.

Riprende il cartello perché ne è schifato o perché rimpiange quello che succedeva nel suo Paese quando aveva vent’anni?

Fosse un film isolato quello del Sudafrica nel 1973 il dubbio rimarrebbe, ma come ho detto è solo una piccola parte di un lotto di almeno una ventina che, visti tutti insieme, mi danno un quadro ampio della persona e mi fanno dire oltre ogni ragionevole dubbio che l’ipotesi è la prima, ovvero è stupito che possa esistere ancora uno Stato che obbliga le persone a servirsi di toilette diverse a seconda del colore della palle.

Se proprio volessi dirla tutta, non avendo la possibilità di intervistare quel signore, visto che da qualche anno ci ha lasciato pur essendo diventato una star postuma di Youtube con migliaia di visualizzazioni all’attivo grazie ai suoi film restaurati che ho pubblicato, è che al massimo poteva vedere il Sudafrica dell’Apartheid con la stessa ipocrisia con cui molti anni dopo i politici occidentali stringevano la mano a Gheddafi, salvo poi bombardarlo il giorno dopo in quanto improvvisamente diventato l’uomo più cattivo del mondo.

Sì, sono contrario alla politica del Sudafrica, ma ci vado in vacanza e finanzio con i miei soldi quel sistema, tanto una volta chiusosi lo sportello dell’aereo tutto ciò rimarrà solo il ricordo di una settimana alternativa da raccontare agli amici.

Anche qui niente di nuovo: è lo stesso pensiero che fanno oggi quelli che si vantano di essere andati a Dubai, che non è esattamente un posto democratico e tollerante, in un mondo che sembra fare dell’incoerenza il modo più efficace per raggiungere il benessere.

Niente di nuovo nel mio approccio: tanta storia è scritta con il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio perché, per esempio, non si sono prove che quando Mussolini fu arrestato e ucciso sul Lago di Como stesse scappando in Svizzera. Semplicemente si analizza il quadro storico e gli elementi certi:

  • la partenza da Milano,
  • la vicinanza con il confine,
  • l’arrivo imminente dei Partigiani

e si crea una versione buona per i libri di scuola, che tra l’altro, visto che si parla di Mussolini, sarebbe stata profondamente diversa se l’esito della guerra fosse stato un altro, ma questo è un altro discorso.

La vita del collezionista è anche questa:

  • un po’ storico,
  • un po’ investigatore,
  • un po’ amante del cinema,
  • un po’ tecnico che cerca nuovi strumenti per ottenere restauri di qualità sempre maggiore, mano a mano che la tecnologia migliora.

Come sapete io mi chiamo Daniele Carrer, ho una collezione di circa 700 film 8 millimetri inediti, comperati in giro per il mondo. Questi film rappresentano una lettura diversa della storia, perché la raccontano con gli occhi veri di chi non aveva un editore a cui rendere conto o, e questo non avveniva solo nelle Dittature, dello Stato, che censurava con molta più facilità di quello che accade oggi ciò che era contrario alla pubblica morale o al potere politico. Vi invito a sostenere questo podcast e l’eventuale realizzazione di nuovi episodi inserendo una recensione su Itunes. E’ assolutamente facile riuscirci, ci impiegate pochi minuti, e se non trovate sufficienti motivazioni per farlo considerate che la sola creazione di questa puntata mi ha impegnato per una giornata intera. Concludo come da tradizione con le parole di un vecchio giornalista americano, portato sullo schermo qualche anno fa in un bel film in bianco e nero, augurandovi

buona notte e buona fortuna.

Come finanziare la propria collezione

Ascolta “Come finanziare la propria collezione” su Spreaker.

Per una persona che vuole portare avanti un progetto di valore storico o culturale, in Italia, ci sono due strade:

la prima è quella dello Stato, e può avere la forma di una collaborazione con un’Associazione che a fine anno riceve il classico finanziamento pubblico. Dico classico finanziamento pubblico, perché, se nella teoria è una cosa assolutamente nobile e della quale ogni contribuente dovrebbe essere felice, nella pratica tutto ciò si svolge all’Italiana, ovvero il finanziamento viene concesso non sulla base del merito, ma sulla base di ragionamenti politici. Quindi succede che ad ogni cambio di Amministrazione Comunale, giusto per ragionare in termini da sagra di Paese, la data manifestazione sparisce o rinasce, la stagione teatrale viene rivoluzionata e da Natalino Balasso si passa a Massimo Boldi o viceversa perché i cattivi non sono solo da una parte, e anziché fare la mostra fotografica sulla resistenza la si fa sulle foibe, giusto per disegnare un Paese che sa dare un colore politico anche alle tragedie.

Un’altra strada che va di moda è quella dei bandi, sempre pubblici ovviamente. Se avete la sventura di conoscere qualcuno che frequenta una scuola statale di cinema, sapete anche che esiste tra gli studenti, perfettamente addestrati dai loro insegnanti, il mito dei bandi. Quindi anziché pensare a migliorarsi tecnicamente e ad imparare a fare film che piacciono anche al pubblico, già a 20 anni questi ragazzi vivono nel presupposto tipicamente parassitario di pensare:

cosa può fare lo Stato per me?

A partire dal 2005 e per un paio di stagioni, in seguito a qualche partecipazione televisiva e a premi ricevuti ai Festival, sono stato un autore di cortometraggi discretamente conosciuto. Quando mi invitavano alle rassegne, per telefono il direttore della manifestazione quasi sempre mi chiedeva:

ma uno con il tuo curriculum, perché non partecipa ai bandi per finanziare i suoi prossimi lavori?

A più di 10 anni di distanza la mia risposta è sempre la stessa: perché voglio essere padrone di me stesso, e venire influenzato nelle mie scelte da gente che occupa quel posto per motivi di nascita e non di merito mi infastidisce. Anche per questo, la mia collezione di 700 film 8 mm e super 8 me la sono pagata da solo e, non essendo io ricco di famiglia, per farlo ho dovuto trovare una terza strada rispetto alle due che vi ho detto, rimanendo indipendente e soprattutto molto più efficiente di quanto sarei stato se avessi accettato la zavorra di avere lo Stato come socio.

Tempo fa ho fondato un altro podcast che si chiama vendere foto e video online e che spiega come fare a guadagnare pubblicando le proprie immagini e i prossimi video nei cataloghi di Agenzie che poi forniscono creatori di siti web, come anche produzioni televisive o registi di documentari. Non mi dilungo troppo in questa sede per spiegare come fare, vi specifico solo che il film storico, che ha normalmente una distribuzione vecchia maniera, è un settore che, se preso nel verso giusto, può far guadagnare un bel po’ di soldi, che io puntualmente reinvesto per acquistare nuovo materiale, visto che il costo della materia prima, ovvero della bobina 8 mm, è ancora piuttosto basso.

In poche parole, io acquisto su Ebay un filmato girato, tendenzialmente da un turista europeo o comunque occidentale, a Roma negli anni 60. Il documentarista che sta realizzando un documentario indipendente su, per esempio, un professore universitario de La Sapienza del quale esiste poco materiale filmato, ha un po’ di opzioni davanti per raccontare la sua storia. Considerate che, grazie alla distribuzione web, di progetti del genere ne esistono sempre di più, visto che non ci sono più barriere alla distribuzione, ed ogni video pubblicato su Youtube ha potenzialmente un pubblico. La strada più logica per ottenere quello che tecnicamente si chiama footage della città e con il quale intramezzare interviste e fotografie di repertorio, è fornirsi dall’archivio della RAI o da quello dell’Istituto Luce, che hanno i contenuti migliori, che non sono nemmeno paragonabili per qualità a quelli del regista amatoriale austriaco o tedesco che di solito è il mio principale fornitore di pellicola. O meglio: lo sono i suoi eredi.

Il problema è che se andate nei rispettivi siti (Istituto Luce, Rai) di quelle Istituzioni, siete bravi se in un quarto d’ora riuscite a capire come arrivare a richiedere il materiale che vi serve, che ovviamente non potete acquistare direttamente, ma dovete farlo scrivendo per prima cosa una mail. Il motivo per cui molti registi preferiscono fornirsi dalle Agenzie nelle quali vendo io i miei contenuti, è che 2 minuti dopo essere entrati in quei siti, possono in maniera del tutto intuitiva pagare e scaricare quello che serve. Se si tratta di compratori italiani, magari sanno come funzionano le cose in questo Paese e possono anche sopportare l’attesa, ma se si tratta di compratori stranieri, credetemi, questi scelgono l’opzione film amatoriale scaricabile in 2 minuti, piuttosto che film professionale scaricabile in un tempo a discrezione dell’impiegato che legge la mail.

Da Cittadini abbiamo tutti il diritto di lamentarci che Istituto Luce e Rai non valorizzano archivi che potrebbero fruttare milioni di euro l’anno in mano ad un imprenditore degno di questo nome, ma questo è un altro discorso, e c’entra molto con la stessa politica di cui ho parlato prima.

Quindi, a colpi di 25 o 50 dollari per uno spezzone di 5 o 10 secondi, ho costruito una collezione che mi frutta oramai molto più di 1000 dollari al mese. La cosa ovviamente non è avvenuta a caso, perché alla base di un progetto che sta in piedi economicamente, nel mondo ultra concorrenziale di internet, c’è innanzitutto la capacità di sapere qual è il contenuto che vende di più. Prima ho citato Roma, che è una città che amo profondamente e nella quale ho vissuto, ma con tutto l’amore che le voglio so che purtroppo Parigi, nella quale invece non vivrei mai, vale molto di più dal punto di vista del valore dei film storici che lì sono stati registrati e che, essendo sempre stata una meta turistica importante, non sono per me così difficili da trovare, perlomeno per quanto riguarda quelli girati negli anni 70. Dico anni 70 perché prima di quel periodo sono molto più rari per la scarsità di turisti e per la minore diffusione delle pellicole 8 mm e perché dagli anni 80 in poi, a causa dello sciagurato avvento dei nastri, non si trova più nulla che non si sia già ampiamente deteriorato.

Allo stesso modo e più ancora, so che New York, e qui allargo le colpe della distribuzione anche agli Stati Uniti, può essere una miniera d’oro. New York è stata ripresa in tutti gli angoli per tutto lo scorso secolo, essendo set di decine di film che tutti abbiamo visto e, più internamente alla realtà americana, anche di moltissime trasmissioni televisive. Il problema è che i grandi network d’oltreoceano non si sono organizzati per rivendere i loro contenuti, probabilmente perché non hanno interesse economico a farlo.

La difficoltà per me di trovare filmati di New York è legata al fatto che, come vi ho già spiegato, comprare dagli Stati Uniti non è esattamente facile. Certo è che, senza arrivare all’esempio estremo delle Torri Gemelle che per poco meno di 30 anni sono stati uno dei luoghi più ripresi della grande mela, ci sono delle riprese delle strade newyorkesi che ricordano molto Stursky e Hutch, che tra l’altro non era ambientato a New York, con i cui guadagni mi sono comprato decine di altre bobine 8 mm, alla faccia dei bandi pubblici e di tutta la trafila che bisogna fare per accedervi.

Bene, se volete approfondire i temi della vendita di foto e video online c’è l’altro mio podcast che parla della vendita generica di contenuti, foto e video, anche contemporanei e soprattutto c’è un altro mio sito, che si chiama stockfootage.it.

Ringrazio Silvia Torri, che ha lasciato un bellissimo commento relativamente alle prime tre puntate del podcast:

Nobile ideale quello di salvare il patrimonio culturale del passato. Sullo Stato non possiamo contare e tu sei un ottimo esempio di persona che rende questo posto migliore. Buon lavoro!

Conosco Silvia Torri proprio grazie all’altro mio sito che vi dicevo. Vi invito a fare altrettanto se volete sostenere il mio progetto di salvaguardia della memoria collettiva attraverso i filmati registrati su pellicole 8 mm.

Ringrazio anche gli utenti che hanno commentato il podcast su super8club.it, che è un sito pieno di appassionati di pellicola dove ci sono delle discussioni di livello culturale molto elevato e che proprio per questo apprezzo tanto. Non cito i loro nomi semplicemente perché in quel caso non sono a casa mia e non so se hanno piacere a sentirsi nominare, ma a loro dico pubblicamente un grande grazie.

Siamo giunti alla conclusione del quarto episodio. Questa volta vi ho spiegato come guadagnare un po’ di soldi online con i vostri filmini di famiglia, o meglio con una strategia imprenditoriale che potrebbe passare anche da quelli. Nella prossima puntata magari cercherò di approfondire ulteriormente l’argomento, ma per ora, come diceva un vecchio giornalista americano

arrivederci e buona fortuna.

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