Listen to “La pellicola 8 mm” on Spreaker.
Fino alla metà degli anni 70 in Italia esistevano solo due canali televisivi:
- RAIUNO che nacque nel 1954
- RAIDUE che nacque nel 1961.
RAITRE iniziò a trasmettere nel 1979 per, almeno all’inizio, 6 ore al giorno. Nello stesso periodo arrivarono anche le TV private, conosciute inizialmente con il nome di TV libere, e che finalmente portarono la televisione a raccontare la Provincia italiana e poi, dal 1980 quando Telemilano diventò Canale 5, anche l’intero Paese da un punto di vista meno austero di quanto facesse la RAI.
Questo piccolo spaccato di storia contemporanea è solo per spiegare che dal 1932, anno in cui la pellicola 8 mm è stata inventata e per almeno il successivo mezzo secolo, la gran parte dell’archivio per immagini in movimento di questo Paese è stato creato dai registi amatoriali che utilizzavano quel formato, e quello stesso archivio oggi, se non ci diamo da fare, rischia di andare perso per sempre.
C’è un evento che spiega più di 1000 parole un concetto che è molto difficile da capire per un nativo digitale, che per definizione è chi è nato dopo il 1985, ma anche chi come me è figlio del decennio precedente e da bambino guardava Lamù e Drive in. Siamo nel 1958 ed è appena stata approvata una Legge, di cui tutt’oggi si parla, perché è la Legge Merlin che, tanto per cambiare, spacca l’Italia, visto che sancisce l’abolizione della prostituzione regolamentata. Ugo Zatterin è il tipico giornalista garbato dell’epoca. Sottolineo garbato perché negli anni che stiamo vivendo qualsiasi volgarità non solo è sdoganata, ma a volte diventa il modo più facile per raggiungere le luci della ribalta e fare carriera. Personalmente un po’ rimpiango quel genere di professionalità, non tanto di Zatterin che in tutta sincerità, solo per motivi anagrafici, non ricordo, ma dei Paolo Frajese e dei Sergio Zavoli che sono fortemente convinto abbiano contribuito a rendere l’Italia un Paese migliore, più dei tanti improvvisati del giornalismo radiofonico e televisivo che vanno di moda oggi. Bene: Ugo Zatterin nei due minuti di annuncio che dà dai microfoni di RAIUNO, in un esercizio di stile linguistico che dovrebbe essere insegnato nelle scuole, riesce a parlare dell’entrare in vigore della Legge senza mai nominare la parola prostituzione, che evidentemente per l’epoca era un termine non consentito dalla censura.
Ora: io ho fatto l’elogio dello spessore culturale che Paolo Frajese e Sergio Zavoli, quest’ultimo fortunatamente ancora in vita a ben oltre 90 anni, sapevano trasmettere, ma non sto dicendo che anche oggi prostituzione non si dovrebbe dire, visto che io per primo sto pronunciando questa parola nel mio podcast dove sono libero di dire quello che voglio, grazie anche ad una tecnologia che mi permette a costo zero di registrare la mia voce che, senza nessun controllo in ingresso, le piattaforme di distribuzione rendono poi teoricamente fruibile ai miliardi di persone al mondo che hanno una connessione internet. Faccio solo notare che nel 1958 l’Italia è tecnicamente una democrazia, dove uomini e donne maggiorenni, quest’ultime da solo 12 anni, votano liberamente scegliendo in uno schieramento politico che va dal Partito Comunista di Palmiro Togliatti al Movimento Sociale. Ma il punto è che:
tra avere la democrazia e avere anche la libertà d’espressione ne passa
e se guardate il filmato di Zatterin ve ne rendete conto.
Ora faccio un po’ il criticone, ma di questo parla il podcast: se dopo aver visto quell’annuncio, sottolineo, messo con onore a disposizione dallo sterminato e inestimabile archivio della televisione di Stato, scriveste anche due righe indirizzate a Viale Mazzini per far notare che ci sono dei moderni scanner per pellicola, nonché dei software gratuiti, che possono migliorare di molto la qualità dell’immagine, magari contribuireste a mettere un po’ di sano desiderio di miglioramento nel bagaglio professionale di quell’Istituzione, ovvero la Rai che, e qui sono d’accordo, come dice Matteo Bordone è la più grande fabbrica di cultura del Paese, anche se su quel verbo, “è”, usato al presente, potrei dissentire.
All’inizio ho parlato di due sole televisioni fino alla fine degli anni 70, e che sono due televisioni molto diverse da quelle che siamo abituati a vedere oggi. Sono due luoghi fortemente sottoposti a controllo politico, in un’epoca in cui il partito più votato è la Democrazia Cristiana, che come dice il nome, ha un forte legame con la Chiesa in un Paese molto più Cattolico di oggi. Questo non vuol dire che in RAI non ci siano delle magnifiche trasmissioni che raccontano la vita delle persone e che purtroppo in barba al diritto d’autore si trovano anche su Youtube, non pubblicati dalla RAI ma da utenti comuni, ma è una televisione dove non si può nemmeno pronunciare la parola “prostituzione” e dove magari quando arriva un giornalista ad intervistare qualcuno, dietro alla cinepresa ci sono sempre almeno 10 persone della troupe, e più che uno spaccato di vita reale quell’intervista diventa un evento di Paese dove la verità lascia posto al condizionamento del contesto che si è creato.
Tutto il contrario delle riprese amatoriali in 8 millimetri. Quel tipo di cineprese, che sono una cosa tecnicamente diversa dalle telecamere, ma questo ve lo spiegherò in un altro episodio, sono grandi poco più di una macchina fotografica, quindi molto meno appariscenti di una troupe RAI che numericamente ricorda una squadra di calcio, e documentano l’intero Paese, non solo le città principali sulle quali necessariamente si concentrano i Canali televisivi esistenti, che abbiamo capito essere solo due e, per altro, con un palinsesto di poche ore al giorno.
Ovviamente la diffusione delle cineprese 8 mm è legata ad un élite di persone e ad un supporto, la pellicola 8 mm appunto, che giusto per darvi un’idea, quando nel 1998 cercai di produrre un cortometraggio in quel formato, costava 35 mila lire per tre minuti e 20 secondi di girato. Io che oggi ho una collezione di più di 500 filmati amatoriali inediti registrati dagli anni 30 agli anni 90, so che un classico di quelle riprese è trovare stacchi di 3/4/5 secondi al massimo, proprio perché il costo del supporto è notevole, molto più di quello che accadrà alla generazione tecnologica che sciaguratamente lo sostituirà e che ha la forma di un nastro, e tanto più di quello che accade oggi, quando il digitale ha praticamente azzerato il costo di registrazione. In altre parole:
stiamo parlando di un mezzo che in pochi si potevano permettere
ma che è purtroppo quasi il solo con cui è stata raccontata, attraverso le immagini in movimento, l’Italia dagli anni 30 fino agli anni 80, e il dramma vuole che oggi quei preziosi attimi di vita reale in alcuni casi abbiano la fortuna di finire in qualche collezione che però, a differenza della mia, non viene messa a disposizione della collettività grazie a Youtube, e in altri, e purtroppo questa è la regola, vengano portati in discarica e si perdano per sempre a causa dell’ignoranza di chi li eredita.
Mi presento: mi chiamo Daniele Carrer e sto cercando in tutti i modi di salvare la memoria storica di questo Paese attraverso un progetto di digitalizzazione e restauro di pellicole amatoriali che altrimenti non sopravviverebbero ai lasciti generazionali. Per il momento potete sapere di più di questa follia che sto portando avanti completamente a mio carico in questo sito, e potete vedere i filmati che restauro su footageforpro.com, scusate la scelta del nome ma per tenere tutto in piedi ho dovuto dare un respiro internazionale al mio progetto. Per quanto riguarda tutto il resto ve ne parlerò nei prossimi episodi del podcast.
Vi invito a lasciare una recensione su Apple Podcast, anche perché se siete arrivati fino a qui vuol dire che mi avete ascoltato per una decina di minuti e il tempo che vi separa da mettere online la recensione è di trenta secondi al massimo. Se vi sono piaciuto ascoltatevi un altro episodio, altrimenti, come diceva un vecchio giornalista americano, arrivederci e buona fortuna.