La professionalità con cui si restaurano i film 8 mm e super 8 fa la differenza tra il:
- buttare i propri ricordi,
- conservare (e tramandare) qualcosa che, se andasse persa, non sarebbe mai più recuperabile.
Ecco perché tra i laboratori che effettuano la digitalizzazione delle pellicole esistono:
- servizi che lavorano a prezzi di saldo, in cui il presunto restauro si limita a riprendere con lo smartphone il quadro sul muro illuminato dal proiettore (procedura che oltre a ottenere una qualità d’immagine scarsa rischia anche di rovinare irrimediabilmente il supporto).
- servizi professionali, portati avanti da persone che sanno quello che fanno e che hanno a cuore l’importanza della storia immortalata nelle pellicole 8 mm.
Questo è uno dei tanti lavori che ho effettuato e che è stato girato nel 1958 (pubblicato in questo sito con l’autorizzazione del legittimo proprietario).
Giudicate voi a quale delle due categorie appartiene il mio laboratorio.
Consigli approfonditi per il restauro (solo per gente molto appassionata)
Non tutti hanno:
- voglia,
- tempo
di imparare a restaurare i film 8 mm e super 8. Guardando al mio laboratorio, avendo uno scanner di acquisizione molto costoso, se qualcuno volesse ottenere la stessa qualità di restauro, dovrebbe anche investire migliaia di euro per comprare le apparecchiature.
Premesso questo però, per chi volesse procedere con le proprie forze, mi permetto di condividere dei consigli sulle diverse fasi della lavorazione che trasformano una pellicola analogica segnata dal tempo in un file digitale restaurato.
L’esposizione
Per quanto riguarda l’esposizione delle singoli immagini è prassi acquisire i film sottoesponendoli leggermente, perché la quantità di bit colore dei file jpg che elabora uno scanner professionale è molto alta, quindi, in fase di montaggio, la luminosità si può aumentare senza ripercussioni sulla qualità del video finale (se il film è in buono stato di conservazione ed è stato girato con una tecnica accettabile).
Adottando questa soluzione, l’ideale è intervenire poi sul filmato restaurato con un qualsiasi software di editing (DaVinci Studio, Final Cut, Adobe Premiere,), aumentando la luminosità, perché la procedura corretta che anch’io uso per i video della mia collezione (pubblicata su footageforpro.com) con la quale ho fornito produzioni andate in onda sulla BBC, su Netflix e su Prime Video, è ottenere prima un’immagine un po’ scura, per poi correggere durante il montaggio.
Si procede in questo modo perché se lo scanner fosse impostato con l’esposizione automatica, al cambio di scena si verificherebbe un fastidioso effetto di sovraesposizione (fino allo stabilizzarsi del sensore).
Se invece lo scanner fosse impostato in manuale, ma con un’esposizione maggiore, le immagini che in ripresa sono state, anche solo leggermente sovraesposte, cosa che accadeva frequentemente con i film 8 mm e super 8, a differenza di quelle sottoesposte sarebbero molto meno recuperabili durante il restauro.
I software per restaurare i film (consigli pratici per veri appassionati)
Il mio restauro dei film 8 mm e super 8 si svolge in questo modo.
- Acquisisco la pellicola fotogramma per fotogramma con il mio scanner (il FilmFabriek HDS+).
- Con il programma DaVinci Studio correggo i colori, la luminosità, la grana e altre imperfezioni che sono presenti.
DaVinci Studio è un programma professionale e richiede molta esperienza per produrre buoni risultati. Dopo aver lavorato a migliaia di film, sia del mio archivio personale (lo potete vedere nel mio Canale YouTube), sia delle centinaia di clienti che si sono rivolti a me, oggi sono perfettamente in grado di togliere la gran parte dei segni del tempo che si accumulano su pellicole che, magari, hanno 50/60 anni, o anche più:
- togliendo i puntini neri e i graffi (grazie al plug in Neat Video)
- modificando livelli, luminosità, contrasto, saturazione e tutti i valori dell’immagine che il tempo ha fatto deteriorare.
Ci sono delle alternative a DaVinci Studio. Alcune efficaci ma ancora più complicate, come VirtualDubMod, un software Open Source che richiede una certa esperienza di programmazione per essere utilizzato e non ha un servizio di assistenza. Altre più semplici, ma non altrettanto precise, visto che ogni programma di montaggio, anche amatoriale (Pinnacle Studio, Movie Maker, Moravi Video Editor), ha funzioni di correzione basilari.
Una volta deciso il software, la vera sfida è impostarlo nel miglior modo possibile. Ciò richiede tanto studio e tanta passione, se si vogliono ottenere buoni risultati.
Il peso dei file che si esportano
La dimensione dei file video che si ottengono dal restauro, dipende da:
- formato
- risoluzione
- codec
che si impostano in fase di esportazione.
Se, per esempio, si vuole il Full HD, 1920×1080, per apprezzarlo non ci si deve limitare ad esportare a quella risoluzione, ma bisogna lavorare in tutte le fasi precedenti con la stessa, e bisogna farlo con cognizione di causa. Non serve, infatti, essere perfezionisti quando il perfezionismo è inutile. Per esempio, la sequenza di fotogrammi che crea il mio scanner può essere indifferentemente:
- jpg (compressa)
- tiff (non compressa)
ma, da diverse prove che ho effettuato, posso dire che la differenza di qualità, di fatto, non è visibile. Quindi attenzione.
Le fasi del restauro
Dopo aver acquisito, importo le sequenze di fotogrammi in DaVinci Studio e le divido nelle diverse inquadrature. Su queste applico una prima correzione generica e poi passo gli spezzoni uno ad uno impostando, eventualmente, delle correzioni su misura. Una volta terminato il restauro, esporto il filmato in:
- un formato
- una compressione (codec)
compatibile con tutti i computer e tutti i televisori, ovvero:
- .mov,
- codec H.264
Lo stesso filmato può essere anche importato da chi lo riceve in un software di montaggio, così da inserire musiche, titoli ed eventualmente togliere gli spezzoni indesiderati.
I file .mov, codec H.264 possono avere diversi livelli di compressione che determinano la loro dimensione finale. In linea di massima, un filmato di mezz’ora pesa circa 2 Gb, e un filmato di 3/4 minuti, che corrisponde alle bobine da 7,5 cm di diametro, pesa circa 300 Mb.
Una Laurea di fine anni ’60
Qui sotto potete vedere un film girato nel 1968 nel formato 8 mm (quello di qualità minore rispetto al super 8).
Mostra le immagini di una cerimonia di Laurea. Il video è indicativo della qualità media che si può ottenere digitalizzando professionalmente i filmati amatoriali d’epoca, visto che non è impeccabile dal punto di vista della tecnica di ripresa ed è girato in parte in un interno dove, essendoci poca luce, a causa della scarsa sensibilità delle pellicole del tempo l’immagine tende a sgranare.
In fase di restauro, se però si sa come intervenire e si ha un’ottima attrezzatura, si possono ugualmente ottenere questi risultati (se non fosse per l’eleganza dell’epoca sembrerebbe registrato ieri):
Per giungere a una qualità del genere non esistono formule miracolose, c’è solo:
- lo studio della tecnica
- decine di migliaia di euro di investimenti
- tantissima passione
Come ogni filmato pubblicato in questo sito ho l’autorizzazione scritta datami da chi ha girato per pubblicare il video.
Gli scanner per pellicola 8 mm e super 8 economici
Gli scanner per film 8 mm e super 8 di buon livello partono tutti da almeno 10 mila euro. Quindi non ha nessun senso per una collezione che si acquisisce una volta per tutte in qualche giorno di lavoro, acquistarne uno.
Il modello più economico per ottenere buona qualità è il MovieStuff Retro Universal che trovate illustrato in questa pagina direttamente dal produttore.
Poi ci sono gli scanner ultra professionali come il mio, il FilmFabriek HDS+, o altri prodotti, come l’MWA Flashscan o il Blackmagic Cintel, che costano decine di migliaia di euro, ma li valgono tutti se si cerca la qualità.
Di tutt’altra categoria sono invece iprodotti molto economici, come il:
- Reflecta Film Scanner Super 8 – Normal 8
che su Amazon costa intorno ai 400 euro e di cui esistono versioni identiche di altre marche (Film2Digital, Somikon…). O il:
- Reflecta Super 8 Scanner
che si fa fatica a trovare ancora sul mercato, perché è un modello di qualche anno fa, e che costa intorno ai 1000 euro.
Ho feedback diretto solo sul secondo modello, perché ce l’ha un amico, e posso garantire che non ne vale la pena.
Differenze tra film di ieri e di oggi
Fatto salvo per i rarissimi film 8 mm e super 8 girati in cinemascope, la differenza estetica che subito salta agli occhi tra un film amatoriale dello scorso secolo e un video odierno è il formato dello schermo.
I film 8 mm e super 8 erano infatti in formato 4/3, mentre i moderni video delle videocamere e degli smartphone sono in formato 16/9. I primi quindi, su un moderno televisore, si vedono con le bande nere verticali.
Il numero di fotogrammi al secondo
Nonostante l’apparenza, però, c’è un’ulteriore differenza tra i filmati di ieri e quelli di oggi, ed è ben più complicata da adattare ai moderni televisori/smartphone/computer: il numero di fotogrammi al secondo, che una volta erano 16 (film 8 mm) o 18 (film super 8) e oggi sono 25.
In questa pagina spiego tutto in maniera approfondita, e in quest’altra, per chi ha voglia di applicarsi, spiego come ottenere i migliori risultati nella conversione usando Adobe After Effects.
Faccio notare che nessuno dei laboratori che effettua digitalizzazioni di pellicola nomina tale questione. Ciò è esemplificativo del loro livello di serietà.
Come adattare il numero di fotogrammi al secondo
La dovuta premessa è che è possibile far riprodurre un filmato esportato a 16 o 18 fotogrammi al secondo da un qualsiasi:
- televisore
- monitor da computer
Anche la gran parte dei programmi di montaggio (Davinci, Final Cut, Adobe Premiere, ecc.) permette di importare video esportati a 16 o 18 fotogrammi al secondo.
Il grosso limite (e anche in questo caso: nessuno degli altri laboratori lo menziona) è che non ci sono televisori e monitor da computer che riproducono quei filmati a quel numero di fotogrammi al secondo. Li convertono in tempo reale a 25. Quella conversione può dare dei problemi.
Ecco perché il mio studio non consegna video a 16 o 18 fotogrammi al secondo, cosa che per altro mi risparmierebbe del tempo, ma li converte a 25 perché farlo durante l’esportazione genera dei risultati migliori di quelli che i televisori e i monitor sono in grado di ottenere con la conversione in tempo reale durante la riproduzione.
Ve l’avevano mai spiegato?
Adattare con un software di restauro il numero di fotogrammi al secondo che, lo ripeto:
- nei film 8 mm erano 16
- nei film super erano 18
- oggi sono 25
è possibile in diversi modi. Quello classico è ripetere (circa) un fotogramma ogni tre. In tal modo si sacrifica la fluidità dei soggetti, ma non si sacrifica la nitidezza delle immagini.
I moderni software di restauro consentono di utilizzare un metodo più efficace, ma non privo di difetti, ovvero creare una dissolvenza incrociata tra fotogrammi adiacenti. Quest’ultima tecnica si chiama blending ed è quello usata di solito dai laboratori più seri, compreso il mio, perché è il compromesso migliore.
L’intelligenza artificiale e l’interpolazione
Da un po’ di anni a questa parte, però, la tecnologia ha inventato qualcosa di straordinario, ovvero una tecnica di restauro definita interpolazione (interpolation o sampling in inglese): ricreare i fotogrammi mancanti via software grazie all’intelligenza artificiale che li calcola.
Io ho usato questo sistema con le migliaia di bobine della mia collezione privata che pubblico sul mio canale YouTube e su un altro mio sito. Attraverso l’interpolazione si trasformano i 18 o 16 fotogrammi al secondo in 25, creando 25 fotogrammi uno diverso dall’altro, senza quindi ripetere quelli esistenti.
Si tratta di una elaborazione molto dispendiosa a livello di tempo che richiede anche un intervento manuale di un’operatore esperto:
- quando il computer non è in grado di calcolare perfettamente i fotogrammi e quindi bisogna tagliare qualche scena (di solito l’1 o 2% del totale)
- ad ogni cambio di inquadratura, quando si crea un fotogramma che fonde l’ultimo della scena precedente con il primo della successiva.
Molto meglio delle mie parole la differenza tra blending e interpolazione la spiega questo video che ho restaurato personalmente:
Siamo a Catania nel 1966 a un torneo di tennis al quale partecipa, tra gli altri, Nicola Pietrangeli. Il filmato è stato girato in 8 mm da Corrado Randone che mi ha autorizzato a distribuire la sua splendida collezione di pellicole che raccontano la Sicilia degli anni ’60.
Nel video qui sopra si apprezzano le differenze tra i due diversi metodi di restauro, con questa scaletta:
- da 0 a 1’45”: il filmato restaurato con la tecnica dell’interpolazione
- da 1’46” a 3’32”: il filmato restaurato con la tecnica del blending
- da 3’33 a 5’18”: due finestre che mostrano contemporaneamente il filmato restaurato con le due differenti tecniche
- da 5’19” alla fine: i due filmati comparati a rallentatore
Oggettivamente il filmato interpolato è il migliore nel 99% del girato. Usare il blending per adattare il numero di fotogrammi al secondo significa avere un’immagine che presenta un’effetto sfuocato/mosso sui soggetti in movimento.
Quello che fa impressione è che l’intelligenza artificiale, che è il cervello alla base dei calcoli sull’interpolazione, ricrea dei fotogrammi perfettamente credibili con una precisione che, chi come me ha seguito le evoluzioni di tale tecnica lo sa, anche solo un paio d’anni fa era impensabile.
Questo grazie:
- al software Davinci Studio
- alla funzione Optical Flow – Speed Warp
e a un’operatore che ha studiato il metodo e ha decine di ore di pratica.
L’unica controindicazione, a parte i tempi di rendering e l’esperienza necessaria per ottenere il miglior risultato possibile, è, appunto, che in una piccola quantità di girato si creano degli artefatti che rovinano la scena, come quando a 28 secondi si vede il giocatore di tennis passare dietro alla sedia dell’arbitro.
Una qualità così scadente, seppur in un frangente temporale così limitato, a mio avviso non è accettabile e da operatore software non posso prendermi la responsabilità di decidere per un taglio, perché il filmato non è mio. Ecco perché continuo a restaurare i film di chi si affida al mio laboratorio usando il blending.
Conclusioni
Non esiste tecnologia attuale e futura in grado di ricreare un film amatoriale su pellicola una volta che questo è stato buttato, e nemmeno di recuperare la qualità di un film che è stato acquisito con metodi poco professionali.
In tanti anni di lavoro mi è capitato tante volte di parlare con clienti a cui avevo restaurato alcuni loro film e che dopo aver visto il risultato da me ottenuto mi avevano chiesto di intervenire anche su pellicole che avevano buttato e di cui conservavano solo il file digitale precedentemente digitalizzato da laboratori poco seri. La delusione che ricevono quando scoprono che non si può fare più nulla è la più grande pubblicità che posso fare al mio laboratorio.
Se la pellicola è stata cestinata, non esiste (e non esisterà mai) una tecnologia in grado di recuperare un acquisizione fatta male.
Fino a 20 anni fa, meno di una famiglia su 100 aveva una cinepresa in casa. Chi ha avuto la fortuna di essere stato ripreso in un’epoca in cui i film amatoriali erano per pochi dovrebbe pensarci due volte prima di affidare i propri ricordi a servizi di digitalizzazione non all’altezza della situazione.
Daniele Carrer
Chiunque sia interessato a digitalizzare i suoi film 8 mm e super 8, muti o sonori, con il mio telecinema può contattarmi usando il modulo qui sotto: