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Il telecinema

Fare telecinema di film 8 mm e super 8

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1970s

New York 1972

Ascolta “New York 1972” su Spreaker.

La gente che vive la vita normale, tanti anni fa. Sembra quasi che tu possa uscire dalla macchina del tempo e iniziare una conversazione con ognuno di loro:  Hey, cosa leggi? Sai dov’è il bar più vicino?

Queste non sono parole mie, ma sono quelle di un Americano che ha commentato su Youtube un film che ho restaurato e che è stato girato a New York nel 1972. Per quanto io non abbia al momento rilasciato nessun contenuto in lingua inglese per spiegare quello che sto facendo, quell’utente ha colto in pieno l’essenza del mio progetto. Quindi questo contribuisce a dimostrare che dalla più profonda provincia italiana dalla quale provengo, quella stessa che uno di quegli intellettuali capoccioni che sono talmente intelligenti che sono rimasti al mondo di vent’anni fa denigrerebbe, grazie al web, che evidentemente non è solo:

  • notizie false
  • giovani che perdono i loro anni migliori nel nulla

sto aggiungendo un piccolo tassello di storia alla città più importante del mondo, dandone con le sole mie forze una visione reale che si affianca a quella, senz’altro più celebre ma non più degna di rispetto, della finzione, neorealistica, della Mean Streets di Martin Scorsese o delle cronache un po’ schierate che sono arrivate ai giorni nostri direttamente da quell’America dell’anno della rielezione di Nixon.

Il 1972 è importante per l’architettura Newyorkese. Il mio progetto si basa sul business, perché se cosi non fosse anziché essere qui a registrare un podcast ascoltato da centinaia di persone butterei il mio tempo a vagabondare per le sedi di partito in cerca di finanziamenti a quello che sulla carta rimarrebbe un ottimo progetto, visto che senza le spalle sufficientemente larghe che servono per farsi spazio nel mondo scarsamente meritocratico delle pubbliche relazioni non si va da nessuna parte. L’architettura di una città è importante perché sulla sagoma dei suoi palazzi è costruito l’immaginario collettivo della città stessa e quindi, più concretamente, ad un documentarista che sta parlando di New York nei primi anni 70 servono degli spezzoni di film che la identifichino in quell’epoca, in cui iniziano ad inalzarsi nel suo skyline quelle che, nella memoria che verrà tramandata ai posteri, rimarranno per sempre il simbolo più evocativo della città, non solo in quegli anni.

Il mio progetto rimane in equilibrio su un presupposto poco legato alla storia, ma molto legato al business. lo, per prima cosa, devo trovare un metodo per comprare altri film, quindi il discorso economico viene prima di quello antropologico della gente che, come suggerisce il commentatore di cui ho parlato all’inizio, si comporta in un modo per nulla influenzato dalla cinepresa che sta riprendendo, visto che nel caso di quelle che hanno girato la mia collezione parliamo di un apparecchio poco più grande di una macchina fotografica reflex, con la quale ai tempi veniva spesso scambiato dai passanti. Un collezionista come me deve saperne di tante cose:

  • di mercato, perché c’è una bella differenza tra vendere la ripresa di un gruppo di broker di Wall Street che cammina per Manhattan negli anni 80 con atmosfere che sembrano uscite direttamente dal film di Oliver Stone, ma che a differenza di quelle di quest’ultimo sono scene reali, e vendere il filmato dì un gruppo di turisti che in quello stesso momento cammina per Venezia che, ve lo confermo se ce n’è bisogno, è esattamente identica ad oggi, tranne che per il ponte di Calatrava di cui esteticamente se non poteva fare a meno, ma quello è un altro discorso.

Deve saperne:

  • di pellicole, che nel caso dell’8 mm sono talmente perfette dal punto di vista della qualità dell’immagine che solo all’inizio dell’attuale secolo sono state superate a livello amatoriale dall’avvento delle prime telecamere HD. Provate a pensarci: dal 1932 ai primi anni 2000 non c’è stato nessun miglioramento qualitativo, ma semmai una regressione con l’avvento dei nastri negli anni 80,

e ne deve sapere

  • di storia, se non attingendo solo al suo bagaglio culturale, consultando i mezzi che la tecnologia gli mette a disposizione e che, di informazione in informazione, contribuiscono a renderlo una persona più competente e per questo migliore.

Quindi, capita spesso che, nei siti dove metto a disposizione di documentaristi e televisionari vari gli spezzoni di film che restauro, io debba risalire al luogo dove quelle riprese sono state fatte, partendo magari dallo zoom su un cartello stradale o da uno stile architettonico che, incrociato su Google immagini con la città, e restituito dal motore dì ricerca in un colpo d’occhio che, pur con centinaia di risultati, si consulta in 10 secondi, permette di ottenere una ricostruzione precisa, oltre che del tempo, anche del luogo esatto in cui si stava svolgendo la scena.

Nonostante io non abbia mai avuto il piacere di visitare New York, quando mi capita di assistere ad un dialogo di un film di Hollywood o, più probabilmente, di una serie TV alla Sex and The City, succede sempre più spesso che io riesca a riconoscere delle ambientazioni che avevo visto in una qualche pellicola amatoriale di decenni prima. Luoghi che non sono necessariamente quelli che anche le casalinghe avanti negli anni hanno in mente, come:

  • la Statua della Libertà
  • Times Square
  • Central Park

ma, giusto per citare concretamente icone un po’ meno alla portata di tutti che mi sono già capitate, possono essere anche:

  • Washington Square
  • la Chiesa di Saint Thomas
  • il Radio City Music Hall.

Tutti posti che il turista medio Italiano difficilmente visita, nonostante i 1000 euro che spende per il volo e la quantità esorbitante di selfie di fronte all’Apple Store della quinta strada che si trovano in rete, e che evidentemente non sono sinonimo di tanto tempo a disposizione, ma del semplice desiderio di farsi forza fingendosi una persona migliore, comunicando ai propri contatti che si trova in quel posto.

Il punto di forza di un filmato ambientato a New York nel 1972 è che quelle che furono le icone più importanti della città per i successivi 3 decenni, in quell’anno erano ancora in costruzione, per quanto l’unico segnale di cantiere visibile nel film che ho restaurato io fosse oramai solo una gru in cima ad una delle due torri. In virtù di questa fotografia temporale, durata per l’esattezza dal 1966, anno della posa della prima pietra, all’inaugurazione avvenuta nell’anno successivo a quello del mio filmato, la pellicola super 8 che ho comprato da uno svuotacantine austriaco e poi ho reso disponibile alla collettività dopo un restauro passato attraverso uno scanner in alta definizione ed un software open source, diventa ancora più preziosa nel momento in cui cerco di venderla.

Non l’ho detto ma credo che l’abbiate capito: le ho definite icone al plurale e non esistono a memoria altri esempi al mondo di simboli doppi, scervellatevi pure e non considerate i cloni che ci sono a Malesia. lo sto parlando del World Trade Center e più in particolare degli edifici più alti di quel complesso, ovvero le Torri Gemelle.

Provate a pensarci:

  • il mio scopo è vendere a dei clienti, tendenzialmente dei documentaristi, uno spezzone di filmato storico di pochi secondi.

Il primo elemento importante è la città immortalata e New York, su questo non c’è nessuno spazio per la discussione, è la Capitale del mondo e quindi il posto che è in grado di generare i migliori guadagni per uno come me.

In secondo luogo c’è il lasso temporale, che nel caso in questione è diviso in tre tempi: fino all’inizio del cantiere e dopo il 2001 quando non ci sono, nei 7 anni di costruzione e dal 1973 fino ai successivi 28 anni.

Qual è l’immagine più preziosa?

Nonostante si tratti di quella che identifica il minor numero di anni è proprio quella in mio possesso che è ambientata durante la costruzione.

Sono sicuro che ogni tanto incappate su una di quelle rubriche tipiche del sito dei giornali importanti e dove si mostrano cose del tipo:

  • Le 20 foto che di sicuro non avete mai visto

e a quel punto appare il cantiere della Torre Eiffel, che essendo relativo al biennio 1887-1889 è documentato solo con immagini statiche, essendo il cinema un’invenzione successiva, per altro successiva di pochissimi anni. Esistono milioni di foto in bianco e nero della Torre Eiffel, magari contestualizzate in epoche lontanissime rispetto alle nostre, fatte di carrozze e uomini con cilindro e i baffi alla Re Vittorio Emanuele, ma quelle sono fotografie che raccontano un momento di cui esistono tante prospettive che sono giunte ai giorni nostri. Il cantiere invece è un’immagine rara, una di quelle immagini che per la negligenza di una singola persona magari poteva anche togliere all’intera Umanità la fotografia di un attimo di storia che nessuna tecnologia sarà mai in grado di ricreare con la stessa realisticità della vita vera. Ai film 8 mm può toccare la stessa sorte, perché in questo formato amatoriale spesso non trovano in chi li eredita sufficienti motivazioni per essere conservati e in quanto, non ridete ma questa è proprio la triste realtà,

  • filmato, quindi supporto più complesso da fruire rispetto ad un’immagine statica

diventa spesso un tondino di metallo, all’apparenza senza contenuto, da relegare nella spazzatura.

Mi permetto di ringraziare un ascoltatore, che si firma Thor ODT e che conosco anche per l’altro mio podcast che, vi ricordo, si chiama:

Vendere foto e video online

Ha scritto:

Finalmente tornano questi episodi, che ascoltavo volentieri ogni settimana.

Grazie amico mio del sostegno. Sapete che la diffusione di un contenuto nel web è una questione di algoritmi e per determinare il successo di un podcast i commenti contano, in più sono fondamentali per farmi sapere che ci siete. Di solito registro in una stanza un po’ buia e solitaria, non perché io sia un eremita, ma perché è il luogo migliore della casa per evitare i rumori di fondo, quindi in un contesto del genere vedere le statistiche degli ascolti e ancor di più le vostre parole mi conforta. Il progetto è ancora del genere

  • fatto in casa, per quanto 700 pellicole oramai occupino più spazio di un’utilitaria

quindi io ci credo molto visto lo sforzo che mi comporta portarlo avanti da solo. Che dire: grazie di avermi ascoltato, spargete la voce, commentate, moltiplicatevi. Ricordatevi che il mondo può migliorare anche per i gesti delle singole persone. Ci sentiamo il prossimo episodio.

Toilette per non bianchi

Ascolta “Toilette per non bianchi” su Spreaker.

C’è una scena madre per raccontare questa storia: siamo nell’estate del 1965 e c’è una coppia, credo Francese, che sta facendo un tour in Nord America. Dopo aver visitato città all’epoca poco frequentate dai turisti, come Montreal o New Orleans, arrivano a Chicago e riprendono le strade di quella che, più di 4 decenni dopo, diventerà la città del primo Presidente nero degli Stati Uniti. Ho detto che si tratta probabilmente di Francesi, perché io, che sto guardando la pellicola nel millennio successivo a quello in cui è stata girata, l’ho comprata da uno “svuotacantine” di Parigi, ed è improbabile per quanto non impossibile che questa sia già passata di mano prima che io la trovassi su Ebay, e ho anche detto che siamo nell’estate del 1965 perché la città successiva che visitano è Miami, e ad un certo punto mentre riprendono una strada si vede l’insegna di un cinema con la locandina del film Harlow, che è uscito proprio in quell’anno, più precisamente a luglio ed è rimasto poche settimane nelle sale. Sono indizi che tanti anni fa, quando ho iniziato a collezionare pellicole, magari mi sfuggivano, ma che oggi, anche grazie a Google, riesco quasi sempre a collocare nello spazio e nel tempo, cosa che quando c’era solo l’enciclopedia Treccani non avrei potuto fare.

Ad un certo punto il cameraman indugia su un gruppo di persone che attendono il verde per attraversare la strada. 5 secondi, 10 secondi, tempi fin troppo lunghi per un regista amatoriale che usa la pellicola 8 mm, visto che questa costa un occhio della testa e uno dei più grandi difetti che riscontra un collezionista dei tempi del digitale come lo sono io, è che gli spezzoni sono troppo spesso corti per essere venduti nei siti che vi spiegavo nello scorso episodio.

Poi arriva il verde e il cameraman segue le persone mentre camminano, soffermandosi su una in particolare. Si tratta di un uomo che oggi, in tempi politicamente corretti, definiremo un Afroamericano, ma che all’epoca è, almeno negli Stati Uniti, semplicemente un negro, visto che quel Paese solo in quello stesso anno gli ha garantito il diritto di voto e fino all’anno prima lo obbligava ad utilizzare negli autobus posti riservati alla gente della sua razza.

La coppia di Francesi, che viveva probabilmente in una Parigi molto diversa da oggi e, almeno vedendo certi commenti sotto ad alcuni video storici che pubblico nel mio canale Youtube, rimpianta da tanti, si stupiva nel vedere un uomo di colore in giacca e cravatta attraversare la strada, e in virtù di tale diversità lo stava riprendendo. Sottolineo: io ho visto un sacco di film americani girati prima degli anni 60, e non intendo pellicole amatoriali ma quel genere di film con attori e registi che hanno fatto la storia del cinema. Ho visto anche una serie TV come Mad Man che è ambientata proprio in quel periodo e nella quale il tema della segregazione razziale è ben presente. Ma lì si tratta di finzione, e non sai mai quando quella descritta sia la realtà o la fantasia di uno sceneggiatore politicamente schierato, quindi ho dovuto aspettare di avere 40 anni e di comprare il filmato delle vacanze di una coppia di Francesi che nel 1965 si è fatta un viaggio negli Stati Uniti, per capire che aria tirava all’epoca e questo per un semplice motivo:

i film 8 mm sono la vita reale, sono l’occhio delle persone normali nei confronti di un mondo senza filtri. Sono Youtube decenni prima di Youtube.

Ci stiamo abituando ad una società che cambia ogni giorno, quindi è quanto di più scontato esista dire che ai tempi della pellicola 8 mm che, lo ricordo, già alla metà degli anni 80 è andata in disuso, tutto era diverso. Erano diverse le automobili, erano diversi i vestiti, erano diverse le abitudini. Una cosa che all’inizio della mia attività di collezionista mi stupiva era il tempo che le persone passavano a riprendere aerei ed aeroporti, dall’alto della momentanea ingenuità di una persona che, grazie alle compagnie aeree low cost, in più di un occasione si è fatto la giornata in una Capitale Europea: andata la mattina e ritorno la sera, spendendo molto di più per il pullman dall’aeroporto al centro che per il volo. Dico ingenuità perché, anche se da una ventina d’anni non ce ne rendiamo conto, una volta viaggiare in aereo era un cosa straordinaria e costosissima, quindi un qualsiasi regista amatoriale di film 8 mm si sentiva nell’obbligo di documentare l’evento, con buona pace di chi come me decenni dopo quel film se l’è comprato e con le riprese dal finestrino durante il volo non se ne fa nulla.


 

Una volta, sempre una coppia di coniugi senza figli si trovava in una spiaggia vicino a Città del Capo. Dico senza figli perché, lo sappiamo noi genitori, questi sono un bell’ostacolo al viaggio, e quella stessa coppia di tedeschi dell’ovest, come dimostra la loro intera collezione che ho comprato, viaggiava sempre da sola. In più, per le stesse congetture di cui parlavo all’inizio, il motivo per cui quelle pellicole oggi ce le ho io che nemmeno li conoscevo e la Germania Ovest, visto che oggi non esiste più, rimarrà uno di quegli Stati che non visiterò mai, è proprio perché nipoti o eredi lontani al momento della dipartita sono i primi a non farsene nulla dei ricordi dei loro parenti, e vendono per poche decine di euro a gente come me il patrimonio di ricordi che hanno ereditato.

Nel film siamo nel 1973. Prima inquadratura: c’è un surfista biondo capellone con la tavola in mano. Non sono già più gli anni d’oro dei Beach Boys ma, anche se è un podcast, è facile immaginare quel giovane che sembra uscito dal film “Un mercoledì da leoni”. Seconda inquadratura: c’è un cartello, simile a quelli che si trovano anche nelle nostre spiagge con scritte del tipo: “divieto di balneazione” o “i bagni sono attivi solo d’estate”. Quel cartello è scritto in due lingue, una è l’Africaans, che è una lingua simile all’Olandese che si parla da quelle parti. Uno come me, che non la conosce, la riporterebbe più o meno così:

Nie Blankes mans en vrouens.

L’altra è l’inglese, ed è:

Toilets non whites

ovvero bagni per non bianchi.

Fin qui nulla di nuovo: io sono nato nel 1977 e mi ricordo bene gli anni dell’Appartheid e tutto quello che ha portato alla sua fine. Però fa davvero strano rivederlo al giorno d’oggi, collocato nel tempo a pochi anni prima che nascessi io, che in uno strano Paese come l’Italia ero considerato un giovane fino all’altro giorno.

La domanda che mi faccio però è un po’ diversa. Il regista era un cinquantenne Tedesco dell’ovest. Lo so per certo, oltre che per aver trovato la pellicola in Germania, che è un buon indizio ma non la prova definitiva, anche perché, come ho detto, ho comprato un lotto intero di suoi film, quasi sempre ambientati all’estero, ma con frequente partenza da Francoforte. Ho detto cinquantenne, perché l’ho visto in ore di girato e posso sbagliarmi al massimo di 5 anni , quindi, qui andiamo un po’ più nel profondo: 1973 meno 50 implica che abbia fatto la guerra dalla parte perdente. Ne avesse anche solo 45 farebbe 1928, ed Hitler poco prima della fine arruolò i sedicenni, quindi siamo perfettamente congruenti con quel presupposto anagrafico.

Riprende il cartello perché ne è schifato o perché rimpiange quello che succedeva nel suo Paese quando aveva vent’anni?

Fosse un film isolato quello del Sudafrica nel 1973 il dubbio rimarrebbe, ma come ho detto è solo una piccola parte di un lotto di almeno una ventina che, visti tutti insieme, mi danno un quadro ampio della persona e mi fanno dire oltre ogni ragionevole dubbio che l’ipotesi è la prima, ovvero è stupito che possa esistere ancora uno Stato che obbliga le persone a servirsi di toilette diverse a seconda del colore della palle.

Se proprio volessi dirla tutta, non avendo la possibilità di intervistare quel signore, visto che da qualche anno ci ha lasciato pur essendo diventato una star postuma di Youtube con migliaia di visualizzazioni all’attivo grazie ai suoi film restaurati che ho pubblicato, è che al massimo poteva vedere il Sudafrica dell’Apartheid con la stessa ipocrisia con cui molti anni dopo i politici occidentali stringevano la mano a Gheddafi, salvo poi bombardarlo il giorno dopo in quanto improvvisamente diventato l’uomo più cattivo del mondo.

Sì, sono contrario alla politica del Sudafrica, ma ci vado in vacanza e finanzio con i miei soldi quel sistema, tanto una volta chiusosi lo sportello dell’aereo tutto ciò rimarrà solo il ricordo di una settimana alternativa da raccontare agli amici.

Anche qui niente di nuovo: è lo stesso pensiero che fanno oggi quelli che si vantano di essere andati a Dubai, che non è esattamente un posto democratico e tollerante, in un mondo che sembra fare dell’incoerenza il modo più efficace per raggiungere il benessere.

Niente di nuovo nel mio approccio: tanta storia è scritta con il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio perché, per esempio, non si sono prove che quando Mussolini fu arrestato e ucciso sul Lago di Como stesse scappando in Svizzera. Semplicemente si analizza il quadro storico e gli elementi certi:

  • la partenza da Milano,
  • la vicinanza con il confine,
  • l’arrivo imminente dei Partigiani

e si crea una versione buona per i libri di scuola, che tra l’altro, visto che si parla di Mussolini, sarebbe stata profondamente diversa se l’esito della guerra fosse stato un altro, ma questo è un altro discorso.

La vita del collezionista è anche questa:

  • un po’ storico,
  • un po’ investigatore,
  • un po’ amante del cinema,
  • un po’ tecnico che cerca nuovi strumenti per ottenere restauri di qualità sempre maggiore, mano a mano che la tecnologia migliora.

Come sapete io mi chiamo Daniele Carrer, ho una collezione di circa 700 film 8 millimetri inediti, comperati in giro per il mondo. Questi film rappresentano una lettura diversa della storia, perché la raccontano con gli occhi veri di chi non aveva un editore a cui rendere conto o, e questo non avveniva solo nelle Dittature, dello Stato, che censurava con molta più facilità di quello che accade oggi ciò che era contrario alla pubblica morale o al potere politico. Vi invito a sostenere questo podcast e l’eventuale realizzazione di nuovi episodi inserendo una recensione su Itunes. E’ assolutamente facile riuscirci, ci impiegate pochi minuti, e se non trovate sufficienti motivazioni per farlo considerate che la sola creazione di questa puntata mi ha impegnato per una giornata intera. Concludo come da tradizione con le parole di un vecchio giornalista americano, portato sullo schermo qualche anno fa in un bel film in bianco e nero, augurandovi

buona notte e buona fortuna.

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